Premessa – Anche per i collaboratori coordinati e continuativi (c.d. co.co.co.) vale il principio di “automaticità delle prestazioni”, ossia la possibilità di poter ottenere la pensione anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi previdenziali. A stabilirlo è il Tribunale di Bergamo con la sentenza n. 941/2013, chiarendo che l’esistenza del diritto non può essere negata per il fatto che la legge prevede espressamente l’operatività del principio solo per i lavoratori subordinati, in quanto la situazione dei collaboratori è assimilabile a questa, pertanto giustifica una lettura estensiva della norma.
La vicenda – Il caso riguarda una collaboratrice coordinata e continuativa, che dopo aver lavorato per un’azienda per un periodo di 16 anni, ha presentato domanda all’INPS per ottenere la pensione di vecchiaia, ma ha ricevuto un rifiuto, in quanto non erano stati correttamente versati i contributi alla gestione competente. Di conseguenza, l’INPS ha negato la pensione ricordando che ai collaboratori non si applica il c.d. principio dell’automaticità delle prestazioni.
L’automatismo – In base all’art. 2116 c.c., il trattamento pensionistico è dovuto al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali. Stando al tenore letterale della norma, il principio si applica solo ai lavoratori “subordinati”, quindi non può essere chiesto dai collaboratori (con o senza progetto).
La sentenza – La sentenza in commento capovolge l’interpretazione contenuta nell’art. 2116 c.c. Infatti, secondo gli Ermellini l’orientamento giurisprudenziale non impedisce l’estensione del principio in favore dei co.co.co., in quanto il regime previdenziale di tali soggetti sarebbe sostanzialmente identico a quello dei lavoratori dipendenti. Dunque, di fronte a situazioni identiche devono essere applicate regole uguali, quindi si deve estendere anche ai collaboratori il principio dell’automaticità delle prestazioni; ragionando diversamente, la norma sarebbe incostituzionale, per violazione del principio di uguaglianza, di cui all’articolo 3 della Costituzione.
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