Premessa – Le polemiche alimentate nei giorni scorsi sul blocco degli stipendi nella Pubblica Amministrazione non stentano a fermarsi. A manifestare tutto il loro disappunto sulla decisione di congelare fino al 2015 i contratti pubblici, ci sono anche gli uomini in divisa che caldamente hanno minacciato di scioperare entro il mese di settembre se non verranno presi provvedimenti in merito nella prossima Legge di Stabilità. La replica del premier Matteo Renzi non si è fatta certo attendere, rendendosi disponibile per un eventuale confronto con gli uomini delle forze dell’ordine. Sul punto, il primo ministro ha sottolineato come “non verrà toccato lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno”. Inoltre, in un momento di crisi per tutti, “fare sciopero perché non ti danno l’aumento quando ci sono milioni di disoccupati è ingiusto”. E intanto c’è chi fa già le prime stime su quanto peserà effettivamente tale blocco nelle tasche di molti italiani.
Blocco stipendi P.A. – Si ricorda che lo stop dei contratti pubblici trae origine dal 2010, anno in cui a causa della forte crisi economica estesa alla finanza pubblica e al debito, convinse il Governo Berlusconi-Tremonti a fermare i rinnovi contrattuali; successivamente, tale stop fu confermato anche dal Governo Monti e Letta.
Costo del blocco – Per determinare il costo effettivo, calcolato in termini di mancati aumenti, che il suddetto blocco provocherà bisogna far riferimento all'Ipca, cioè l'”Indice dei prezzi al consumo armonizzato” che l'ISTAT comunica ogni anno e che avrebbe dovuto misurare dal 2010 gli aumenti di ogni tornata contrattuale. Attualmente, le prime stime affermano che il congelamento dei rinnovi contrattuali si tradurrebbero in un taglio cumulato dell'11,8% sugli stipendi lordi (l'Ipca 2015 per ora previsto è dell'1,3%). Per i vertici delle agenzie fiscali si tratta in media di quasi 10.100 euro all'anno in meno, per un dirigente medio ministeriale la "perdita" netta si avvicina ai 4.600 euro all'anno, mentre per un impiegato con anzianità media di Palazzo Chigi supera di poco i 2.500 euro. Valori, questi, che si modificano notevolmente in base alla posizione occupata dal dipendente pubblico, soprattutto se quest’ultimo risulta destinatario del bonus 80 euro. Infatti, se facciamo un confronto tra bonus e rinnovo contrattuale, esclusivamente per il periodo 2014-2015, risulta sicuramente vincente il bonus, in quanto l’eventuale sblocco dei contratti porterebbe a un aumento del salario di 200 euro netti all'anno (275 euro lordi), mentre il bonus ne promette per il prossimo anno 960. Tuttavia, se consideriamo anche gli anni passati (dal 2010 al 2015), il bonus non basterebbe a coprire le mancate rivalutazione dei contratti pubblici. Infatti, se dal 2010 a oggi non sarebbe mai intervenuto il blocco dei contratti, uno stipendio iniziale di 17.000 euro netti di un dipendente a inizio carriera sarebbe salito verso quota 18.800 euro, mentre il bonus Renzi non riesce ad alzarlo oltre quota 18.100. In altri termini, il congelamento degli stipendi pubblici tocca anche chi riceve il bonus 80 euro, con un taglio del salario pari a 4,1%; percentuale, questa, che sale al 9% per i redditi più alti.
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