Dopo il rinvio della scorsa settimana, venerdì prossimo è atteso al tavolo del Consiglio dei ministri – salvo sorprese – il varo definitivo degli ultimi quattro decreti attuativi sul Jobs act (L. n. 183/2014), vale a dire quello sulle semplificazioni, sul riordino della cassa integrazione, sulle nuove politiche attive e sulle ispezioni. Particolarmente attese sono le disposizioni contenute nel decreto attuativo sulle semplificazioni, ossia quello che va a rivisitare l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori - Ricordiamo brevemente che attualmente la disposizione vieta l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Una norma giudicata piuttosto “vecchia” dall’esecutivo, che mette sul tavolo dell’imminente Cdm due ipotesi di intervento.
Prima ipotesi – La prima è quella sostanzialmente contenuta nel testo licenziato in sede preliminare dal Cdm l’11 giugno 2015, che stabiliva l’obbligo di installare impianti audiovisivi (ad es., le telecamere) solo previo accordo sindacale o con l’ok del Ministero del Lavoro); mentre non servirebbe nulla per impiegare pc, tablet e smartphone e badge (cioè i classici strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per registrare accessi e presenze).
Ma il vero punto di scontro con i deputati è quello legato sull’uso delle informazioni raccolte, le quali saranno utili “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”. Quindi anche per provvedimenti disciplinari. In ogni caso, a tutela del lavoratore vi sarà l’obbligo dell’azienda, previsto dallo schema di decreto, di rispettare comunque il D.Lgs. 196/2003 sulla privacy. In pratica, l’azienda deve trattare i dati personali derivanti dall’uso di internet e della posta elettronica (ma i principi sono trasponibili anche ad altri casi di raccolta tecnologica di dati) secondo liceità e correttezza, fornendo quindi al lavoratore (come infatti previsto anche dallo schema di riforma) un’informativa preventiva sulle regole previste per l’utilizzo lavorativo ed eventualmente personale di questi strumenti, e sulle modalità e i casi in cui potranno effettuarsi controlli.
Un provvedimento, questo, che andrebbe sicuramente ad affiancare il D.Lgs. n. 23/2015, il quale ha riscritto l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), modificando il regime di tutela in caso di licenziamento illegittimo.
Seconda ipotesi – La seconda ipotesi di intervento, invece, prevede il divieto di utilizzare impianti e altri strumenti “per finalità esclusive” di controllo a distanza dei lavoratori; e in ogni caso, si sancirebbe l’inutilizzabilità degli esiti delle rilevazioni effettuate con le telecamere o con apparecchi di geolocalizzazione. Mentre non cambierebbe la parte relativa agli strumenti di lavoro (quali pc, tablet, ecc), potendo questi ultimi essere impiegati liberamente, senza accordi o autorizzazioni, e si possono utilizzare gli esiti di eventuali controlli attraverso tali apparecchiature.
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