5 luglio 2013

D.L. Lavoro. Contratti a termine più flessibili

Basta un semplice accordo aziendale per stabilire quando l’assunzione può avvenire senza il c.d. “causalone”
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Con la recente entrata in vigore del D.L. Lavoro (D.L. n. 76/2013) sono stati introdotti numerosi interventi in merito alla c.d. flessibilità in entrata, che correggono in parte la recente Riforma Fornero (L. n. 92/2012). In particolare, le migliorie contenute nell’art. 7 del suddetto decreto legge agiscono: sui contratti a tempo determinato riducendo gli intervalli temporali per la riassunzione tra un contratto e l’altro (si torna alle regole previgenti alla Riforma Fornero); sui contratti intermittenti ponendo un limite massimo di chiamate al lavoro; sui co.co.co. anche a progetto estendendo anche a quest’ultimi le tutele per il contrasto delle c.d. “dimissioni in bianco”; ed infine, sul lavoro accessorio annunciando l’emanazione di un decreto sull’uso dei voucher per specifiche categorie di soggetti svantaggiati da parte delle amministrazioni pubbliche. L’obiettivo che il Governo intende perseguire mediante l’inserimento di tali modifiche è principalmente quello di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, aumentare le tutele per i lavoratori in tema di igiene, nonché consentire ai disoccupati di svolgere alcune attività lavorative senza perdere lo status di disoccupato.

Contratto a termine -
Innanzitutto, come appena accennato, si segnala la riduzione degli intervalli di tempo che intercorrono tra un’assunzione e l’altra che passano: da 60 giorni a 10 giorni per i contratti inferiori a 6 mesi; da 90 giorni a 20 giorni per i contratti superiori a 6 mesi. Inoltre, ed è questa la novità più importante, è demandata alla contrattazione collettiva, anche di secondo livello, l’individuazione delle ipotesi in cui è possibile stipulare contratti senza causa (senza le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo richieste di norma per tale tipologia contrattuale), anche qualora non si tratta di primo contratto. Inoltre, per semplificare le procedure esistenti è abolito l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare la prosecuzione “di fatto” del rapporto di lavoro oltre la scadenza del termine fissato. Analoghe novità sono previste in caso di somministrazione a termine.

Intermittenti - Con riferimenti ai lavoratori intermittenti la novità più importante è legata all’introduzione di un limite massimo di chiamata al lavoro, ossia 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari; in caso di superamento, scatta la sanzione della conversione del rapporto a tempo indeterminato. Tale disposizione si applica alle prestazioni lavorative successive all’entrata in vigore del D.L. in commento (28 giugno 2013). Inoltre, non viene più sanzionata la mancata comunicazione preventiva della chiamata al lavoro (che va da 400 euro a 2.400 euro), qualora dagli adempimenti contributivi risulti la volontà di non occultare la prestazione.

Co.co.pro. – In materia di co.co.pro. il D.L. Lavoro sopprime, dal comma 1 dell'articolo 62 del D.Lgs. n. 276/2003, l'inciso "ai fini della prova" con la conseguenza che l'elencazione degli elementi che il contratto deve contenere diventa tassativa. Si alleggeriscono, invece, i limiti ai contenuti possibili del progetto l'altro intervento apportato al comma 1 dell'articolo 61. Con la sostituzione della vocale “o” con “e” si precisa, ora, che il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Ora i requisiti devono essere presenti contemporaneamente per poter escludere la possibilità di instaurare un contratto di lavoro a progetto. Inoltre, vengono estese anche ai co.co.pro. le disposizioni introdotte dalla L. n. 92/2012 sulle "dimissioni in bianco", il che comporta l'obbligo di convalida del recesso volontario del collaboratore dal contratto e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Lavoro accessorio – Importanti novità sono state introdotte anche in tema di lavoro accessorio. Infatti, il limite dei 5.000 euro annui non è più rivolto al singolo committente, ma si calcola sul complesso dell'attività svolta dal percettore. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare riferito alla totalità dei committenti, le prestazioni svolte a favore di ciascun singolo committente imprenditore commerciale o professionista, non possono, inoltre, generare compensi superiori a 2.000 euro, annualmente rivalutati. In agricoltura, in particolare, il regime cambia a seconda che si tratti di attività stagionali oppure rese a coltivatori diretti.

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