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Premessa – Ci risiamo. Si è scatenata l’ennesima polemica sui numeri delle persone che rischiano di rimanere senza stipendio, né pensione (i c.d. esodati). Infatti, lunedì scorso sono stati diffusi i dati contenuti in una relazione dell’INPS secondo cui il numero ufficiale degli esodati sfiora addirittura le 400.000 unità, di cui però solo 65.000 vengono coperte dal provvedimento del Governo. Immediata è la reazione del leader della Cgil, Susanna Camusso, che oltre a chiedere un necessario incontro con il premier Mario Monti, minaccia di proclamare uno sciopero: “questo numero è molto utile perché conferma che questo decreto non va bene e non è realistico. Bisogna trovare una norma che dia risposta a tutti e vanno individuati criteri che risolvano il problema”.
La convocazione – A seguito della diffusione di questi dati il ministro del Welfare, Elsa Fornero, stizzita ha convocato lunedì, in tarda serata, i vertici dell’INPS (Antonio Mastrapasqua e Mauro Nori) per un incontro di un paio d’ore. Il risultato è un durissimo comunicato della Fornero, in cui “ha manifestato ai vertici dell’INPS la propria disapprovazione e deplorato la parziale non ufficiale diffusione di informazioni che ha provocato disagio sociale”. A tal proposito, il ministro ha ribadito che il Governo è consapevole che il decreto emanato non basta per salvaguardare l’intera platea degli esodati, confermando l’impegno per gli altri esodati a trovare soluzioni eque e finanziariamente sostenibili.
La relazione dell’INPS – La relazione chock dell’INPS, a firma del Direttore generale Mauro Nori, e protocollato in uscita il 22 maggio u.s., viene precisato che i 390.200 lavoratori esodati comprendono tutti coloro che hanno fatto un accordo per l’uscita dal lavoro, non limitandosi quindi a quelli identificati dal decreto. In particolare, le platee che fanno lievitare il numero degli esodati sono quelle della prosecuzione volontaria (133.00 persone autorizzate ai versamenti volontari nati dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 20011) e i c.d. “cessati”, cioè quelli che sono uscito dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180.000 unità). Per le suddette categorie il recente decreto del Governo prevede rispettivamente 10.250 e 6.890 salvaguardati. A completare il bacino degli esodandi sono i 45.000 lavoratori in mobilità ordinaria e lunga (29.050 i salvaguardati); 26.200 dei fondi di solidarietà (17.710 salvati dal decreto Fornero) e 3.330 beneficiari del congedo straordinario per l’assistenza ai figli disabili (150 i salvaguardati).
La precisazione - Il motivo per cui i dati del M.L.P.S. e quelli dell’INPS e sindacati non sono concordanti è semplice: erano diverse le platee a cui facevano riferimento. Infatti, il decreto interministeriale fa riferimento solo a coloro che maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto “Salva-Italia” (6 dicembre 2011), quindi di fatto che, considerata la finestra mobile, maturano i requisiti entro maggio 2012 se autonomi e entro novembre 2012 se dipendenti; mentre i dati INPS tengono conto anche di chi matura i requisiti pensionistici oltre i 24 mesi.
Le reazioni – Dure le reazione da parte dei sindacati e dei partiti di maggioranza. Per la Camusso “non è possibile che nel Paese si parli di sei sette mesi di persone che non hanno certezza di cosa potranno fare in futuro”. Mentre per il segretario confederale della Uil, Domenica Proietti: “sarebbe opportuno mettere fine al balleto di cifre sugli esodati chiedendo all’INPS di fornire con certezza i dati in questione, dati che solo l’INPS è in grado di conoscere nel dettaglio”. Ma a sostenere l’esigenza di ulteriori interventi sono un po’ tutti i partiti, dal Pd al Pdl, fino all’Idv e a Rifondazione.