14 maggio 2012

False partite IVA. Occhio al reddito

Salve le finte partite IVA sopra i 18.663 euro. Domani sera cominciano le votazioni agli emendamenti
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa –Giovedì scorso i due relatori della riforma del lavoro, Maurizio Castro e Tiziano Treu, hanno presentato in Senato ben 16 emendamenti “frutto dell’intesa raggiunta tra i tre partiti della maggioranza e il governo”, tra cui spuntano importanti modifiche sui criteri previsti per stanare le false partite IVA. Infatti, sono sempre di più i furbetti che fanno leva sulle partite IVA fasulle, dove nel mese di marzo ne sono state aperte ben 62mila (+12,4% su base mensile), mentre l’anno scorso ne sono state aperte 535mila, di cui il 48% da parte di under 35, spiegato dal fatto che godono di regimi fiscali agevolati. “In Rai non si salva più nessuno a meno che i lavoratori assunti con partita IVA non siano pagati bene” afferma il relatore, Tiziano Treu, chiarendo per sommi capi la vasta platea di soggetti che si trovano in condizioni disagiate rispetto a quelli assunti con contratto.

L’emendamento –Nonostante la lotta contro le false partite IVA sia uno fra gli obiettivi principali del Governo Monti, l’emendamento ha allentato notevolmente la morsa a favore dei datori di lavoro. Infatti, si vuole innanzitutto introdurre per i lavoratori in possesso di competenze teoriche di grado elevato un reddito base, pari a 1,25 volte il minimale contributivo degli artigiani e commercianti (18.663 euro), oltre il quale le partite IVA verranno considerate “vere”. Tale novità, però, ha una doppia finalità: da una parte suona come una sorta di paracadute per non incorrere nella presunzione di lavoro subordinato; d’altro canto induce i datori di lavoro a incrementare la retribuzione dei propri collaboratori. Inoltre, vengono ritoccate i tre criteri che fanno scattare la presunzione di co.co.co., purché si verifichino due dei seguenti presupposti, vale a dire: durata della collaborazione superiore a 8 mesi (ne erano previsti sei nel D.D.L.); più dell’80% del corrispettivo percepito verso un unico committente (nel D.D.L. era il 75%); postazione “fissa” presso il committente (si dovrà dimostrare di avere una vera e propria scrivania). Dunque, se ricorrono due dei su elencati presupposti scatta ex legge la presunzione di co.co.co., con la necessaria presenza di un progetto. Se il datore non presenta il progetto, scatta la sanzione della conversione in rapporto dipendente a tempo indeterminato sin dalla costituzione del rapporto di lavoro. Se, invece, la co.co.co. sarà legittima darà vita a una “co.co.pro. con partita IVA”, rapporto finora sconosciuto. Comunque c’è da dire anche che la presunzione vale salvo prova contraria fornita dal committente. Restano escluse dalla presunzione, come precedentemente previsto, le prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali è prevista l’iscrizione a un ordine, a registri, albi, ruoli o elenchi (con D.M. verranno elencati tali attività).

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