13 aprile 2012

Finte partite IVA. Gli effetti paradossali del D.d.l.

Per il professionista iscritto in un Albo, che esercita le attività tipiche della propria professione, non scatta la presunzione del contratto di co.co.co.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa –Sì alle “finte” partite IVA instaurate dai professionisti, no alle “vere” partite IVA aperti da un lavoratore autonomo che lavora con pochi committenti. È questo, ad oggi, l’effetto paradossale che si sta delineando sul tanto chiacchierato argomento delle finte partite IVA contenuto nella riforma del lavoro. Tuttavia, il D.d.l., che ha iniziato mercoledì scorso il suo iter in Senato, potrebbe subire ancora varie modifiche soprattutto sulla questione delle partite IVA. Infatti, lo stessoministro del Welfare, Elsa Fornero, ha fatto sapere che nonostante la riforma presenti un buon equilibrio, è possibile migliorare ulteriormente il testo senza però “farlo arretrare”. Intanto la Marcegaglia, leader di Confindustria, ha convocato per oggi il mondo dell’imprenditoria al fine di presentare al Governo e ai partiti della maggioranza un documento che conterrà una serie di proposte di modifica che intendono apportare al D.d.l.“Non siamo entrati nel dettaglio”, ha affermato la Marcegaglia, ma per sommi capi i temi riguarderanno i "contratti a termine, partite IVA, Co.Co.Pro e lavoro intermittente”.

La finta partita IVA –Come più volte ripetuto dal ministro del Lavoro, il Governo si sta battendo per smascherare quei datori di lavoro che inducono i propri dipendenti ad aprirsi una finta partita IVA, al fine di evitare di ingabbiarsi in contratti di lavoro che risultano molto più onerosi e scomodi. A tal proposito, il Governo ha individuato tre indici presuntivi, vale a dire collaborazione superiore ad almeno sei mesi nell’arco di un anno solare; fatturato superiore al 75% presso lo stesso committente nell’arco dello stesso anno solare; postazione di lavoro fissa presso una delle sedi del committente. Qualora il lavoratore autonomo rientra in almeno due dei predetti requisiti, scatta la sanzione. Infatti, il datore di lavoro dovrà immediatamente stipulare in favore del proprio dipendente un contratto di co.co.co., alla base del quale deve esserci uno specifico progetto per la sua legittimità, altrimenti ci sarà la conversione in rapporto subordinato. Quanto alle decorrenza, si precisa che per le finte partite IVA già in essere alla data di entrata in vigore del D.d.l. si ha una tolleranza di 12 mesi, mentre per quelle aperte successivamente il termine da rispettare è di 6 mesi. Sul versante contributivo invece, occorre sottolineare che i collaboratori, tenuti all’iscrizione della Gestione separata dell’INPS, devono versare un terzo dell’intero importo contributivo, mentre la restante parte deve essere corrisposta dal datore di lavoro.

Gli esclusi –Tuttavia, le disposizioni su elencate non si applicheranno alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in Albi professionali, purché le mansioni svolte dall’iscritto all’Albo siano quelle proprie e caratteristiche della professione esercitata. Infatti, l’art. 9, c. 4 del D.d.l. precisa espressamente che l’iscrizione ad Albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto, ovviamente per attività diverse.

Il paradosso –Da qui il paradosso della norma. Infatti, se per esempio un lavoratore autonomo, con partita IVA aperta regolarmente, collabora con tre ditte differenti, e con una delle quali fattura più del 75%, a questo punto è molto probabile che l’azienda decida di sciogliere il rapporto di lavoro per non incorrere nella presunzione di co.co.co. Al contrario, il professionista iscritto all’Albo è in qualche modo “protetto” dalla norma, potendo così liberamente agire nell’apertura di false partite IVA senza essere oggetto di sanzioni.Paradossalmente in questo modo la norma rende più dipendente il lavoratore autonomo che lavora presso tre ditte, mentre rende più autonomo il lavoratore che in realtà effettua una prestazione lavorativa da dipendente.Tutto ciò potrebbe rappresentare una vera minaccia per quei lavoratori autonomi che hanno rapporti più stabili con una ditta piuttosto che un’altra, in quanto quest’ultima molto probabilmente opterà per la risoluzione del rapporto di lavoro per evitare il rischio della presunzione di co.co.co, perdendo, di conseguenza, la maggior parte dei propri introiti. Tra l’altro, la norma non si limita a una precisa prestazione lavorativa resa da persona titolare di partita IVA, ma include anche qualsiasi tipologia di prestazione di lavoro autonomo (es. artigiani).

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