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Premessa – Misure drastiche quelle previste dal Governo Monti al fine di centrare il pareggio di bilancio previsto per il 2013. Infatti, il governo sta pensando ad un nuovo pacchetto previdenziale che prevede: un incremento della soglia minima dei 40 anni di contributi, necessari per la pensione di anzianità, indipendentemente dall’età anagrafica, a 41-43 anni di contribuzione; anticipo dell’aumento dell’età della vecchiaia per le donne tra il 2012 e il 2018; innalzamento di 1-2 punti delle aliquote contributive dei lavoratori autonomi (ora al 20%-21%); blocco totale o parziale di almeno un anno del recupero dell’inflazione sui trattamenti; inoltre vi è da segnalare l’adozione del contributivo, nella forma del pro rata per tutte le pensioni dal 1° gennaio 2012 e il decollo già dal prossimo anno dell’adeguamento della speranza di vita stimata dall’Istat, che farebbe alzare l’asticella a 65 anni già nel 2018 o 2020 e non più nel 2026. Sono queste al momento le ipotesi più gettonate che il Governo conta di presentare lunedì 5 dicembre al parlamento, in modo tale che l’Italia possa presentarsi al Consiglio Europeo dell’8-9 dicembre con idee chiare e precise.
La correzione – Oltre alla manovra previdenziale sono previste anche altre misure, che complessivamente porterebbero alle casse dello Stato un risparmio di circa 20 miliardi. Infatti, come fa ben notare il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, la manovra di Natale dovrebbe ridurre ulteriormente il deficit di 11 miliardi nel 2012 e di 17,4 miliardi nel 2013. Una buona parte del risparmio potrebbe essere destinato a finanziare interventi mirati per sostenere il sistema produttivo (come ad es. riducendo il carico fiscale su lavoratori e imprese). Il sostegno al sistema produttivo potrebbe passare per un premio fiscale alla capitalizzazione delle imprese o ancora per una “proroga lunga” del bonus fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli immobili.
Stretta sui vitalizi – La stretta sulle pensioni riguarda anche i parlamentari. Precedentemente i deputati potevano ottenere un ricco vitalizio con largo anticipo rispetto alle altre categorie: infatti era previsto che con una legislatura si maturava il diritto ad andare in pensione a 60 anni (con circa 3 mila € lordi), ma per ogni anno in più passato alla Camera o al Senato si anticipava di un anno l’andata in pensione, fino al limite dei 50 anni (ad esempio il caso Pivetti). Ora, invece, i vitalizi (pensione dei parlamentari), dal 1° gennaio 2012, saranno calcolati con il metodo contributivo pro rata, e non potranno neppure più essere concessi prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età, nel caso di più mandati, e dei 65 anni previsti con un solo passaggio alla Camera o al Senato. L’annuncio è stato dato il 29 novembre scorso dai presidenti del Senato e Camera, al termine di un incontro con il Ministro del Lavoro, Elsa Fornero e i Collegi dei questori di Montecitorio e Palazzo Madama. Mentre non si è fatto nessun riferimento di modifiche ai sistemi previdenziali privilegiati dei vertici e dei dipendenti degli organi costituzionali (fra cui Camera e Senato). A questo punto, ancora una volta, facile è immaginare a chi saranno chiesti ulteriori sacrifici sulle loro pensioni.