28 marzo 2012

L’amianto killer va dimostrato se si è fumatori

Per la morte del dipendente fumatore esposto alla fibra killer la responsabilità del datore di lavoro va dimostrata
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa - La Corte di cassazione, con la sentenza n. 11197 del 22 marzo 2012, ha affermato che ai fini della condanna del datore di lavoro per la morte del dipendente avvenuta in conseguenza di tumore polmonare è necessario dimostrare che l’esposizione all'amianto sia stata una condizione necessaria per l'insorgere o per una significativa accelerazione della patologia. Si deve escludere, anche, che la malattia non abbia avuto un'esclusiva origine dal prolungato e intenso fumo di sigarette.

La vicenda – Il fatto riguarda una condanna a carico di tre manager torinesi chiamati a rispondere della morte di un operaio, fumatore da 40 anni ed esposto alla fibra killer per trenta. In sede di ricorso gli imputati lamentavano che la morte del loro dipendente non era stata causata dall’esposizione dell’amianto se non per sporadici e trascurabili interventi, in quanto quest’ultimo aveva svolto principalmente mansioni di calderaio e da ultimo da fuochista; bensì ritenevano che la fibrosi polmonare riscontrata fosse dovuta all’asbestosi per via del prolungato e insistito uso delle sigarette.

La sentenza – Al riguardo, la quarta sezione penale ha stabilito che “per poter affermare la causalità della condotta omissiva degli imputati, nell'insorgenza del tumore polmonare patito dal lavoratore deceduto, era necessario dimostrare che esso non aveva avuto un'esclusiva origine dal prolungato e intenso fumo di sigarette, ma che l’esposizione all'amianto era stata una condizione necessaria per l'insorgere o per una significativa accelerazione della patologia. Invero il rapporto causale va riferito non solo al verificarsi dell'evento prodottosi, ma anche e soprattutto in relazione alla natura e ai tempi dell'offesa nel senso che dovrà riconoscersi il rapporto in questione non solo nei casi in cui sia provato la condotta omessa avrebbe evitato il prodursi dell'evento verificatosi, ma anche nei casi in cui sia provato che l'evento si sarebbe verificato in tempi significativamente più lontani ovvero quando, alla condotta colposa omissiva o commissiva, sia ricollegabile un'accelerazione dei tempi di latenza di una malattia provocata da altra causa”. Dunque, su questi propositi la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza in commento, smontando l’impianto accusatorio. In sostanza, ora, il giudice di merito dovrà valutare se, a fronte di una patologia multifattoriale quale l’adenocarcinoma patito dalla vittima, l’esposizione all’amianto di un lavoratore aduso nel tempo a prolungato fumo di sigarette abbia costituito una condizione necessaria per l’insorgenza della patologia o per un’accelerazione dei tempi di latenza di un malattia provocata da altra causa.

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