14 marzo 2012

Lavoratrici. Infortuni in calo nell’ultimo quinquennio

Nel quinquennio “2006-2010” gli infortuni sul lavoro delle donne sono diminuite dell’1,6%
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Scendono, anche se di pochissimo, gli infortuni femminili sul posto di lavoro. Infatti, nell’ultimo quinquennio “2006-2010” il loro numero ha fatto registrare una flessione pari all’1,6 punti percentuali, passando da 249.493 infortuni (del 2006) a 245.462 infortuni (del 2010). Tuttavia, tale flessione non è stata omogenea per tutti i settori di attività, variando da un +28% del settore agricolo, ed un –13,9% dei dipendenti in conto Stato. Diminuzione, però, che si dimostra di poco conto se confrontata al –16,4% registrato a livello complessivo, calcolando quindi anche i colleghi maschi. Lo comunica l’INAIL con un comunicato stampa diffuso il 6 marzo 2012.

I casi mortali –Spostando invece, il focus sui casi mortali nel quinquennio di riferimento è possibile notare una flessione consistente, pari al 21,2%. Al riguardo, terribile risulta il dato che vede poco più della metà delle donne (51,3%) vittime nel tragitto casa-lavoro-casa, ben 40 su 78 nel 2010.

I settori più rischiosi –Quanto ai settori con maggiore incidenza infortunistica femminile, vede al primo posto il personale domestico (87,6%), a seguire la sanità e i servizi sociali (76,9%) e gli enti pubblici e locali (58,2%). Mentre le lavoratrici straniere, rimaste vittime di infortunio nel 2010, sono state poco più di 31 mila (pari al 12,7% del totali delle donne infortunate) e 17 dei 78 casi mortali.

I dati dell’Ocse –Com’è possibile notare dai dati dell’Ocse, l’Italia si distingue per un tasso di occupazione femminile tra i più bassi d’Europa, inferiore di 11 punti percentuali rispetto alla media Ocse (48% contro 59%). Per evitare ciò, il Consiglio europeo ha approvato già nel 2006 un “Patto per la parità di genere”, con l'obiettivo di attuare politiche finalizzate allo sviluppo dell'occupazione femminile, manifestando la volontà di garantire l'equilibrio tra la vita professionale e quella privata. Nonostante gli sforzi nazionali ed europei, l'ISTAT ha rilevato che nel nostro Paese sono ancora quasi il 40% le donne inattive con figli di età inferiore ai 15 anni e se consideriamo le madri di età compresa tra i 25 e i 34 anni il tasso di occupazione è del 45%, mentre tra i padri raggiunge l’occupazione raggiunge l'87%, ampliando sempre di più il gender gap.

Conciliazione lavoro-famiglia – Altro fattore importante da considerare che contribuisce a incrementare il gender gap, riguarda l’ormai consueto problema della conciliazione lavoro-famiglia. Infatti, l’ISTAT evidenzia che il 30% delle madri ha interrotto il lavoro per motivi familiari (contro il 3% dei padri) e solo quattro su dieci hanno poi ripreso l'attivitàcon una differenziazione che va da una madre su due nel Nord per arrivare a una su cinque nel Sud Italia, a conferma delle diverse tradizioni e culture che continua a dividere il Paese.Infine, analizzando il tasso di occupazione per il ruolo ricoperto in famiglia, si scopre che quello femminile diminuisce all'aumentare del numero dei figli e la diminuzione si accentua in modo particolare tra il primo e il terzo figlio.

Premessa – Scendono, anche se di pochissimo, gli infortuni femminili sul posto di lavoro. Infatti, nell’ultimo quinquennio “2006-2010” il loro numero ha fatto registrare una flessione pari all’1,6 punti percentuali, passando da 249.493 infortuni (del 2006) a 245.462 infortuni (del 2010). Tuttavia, tale flessione non è stata omogenea per tutti i settori di attività, variando da un +28% del settore agricolo, ed un –13,9% dei dipendenti in conto Stato. Diminuzione, però, che si dimostra di poco conto se confrontata al –16,4% registrato a livello complessivo, calcolando quindi anche i colleghi maschi. Lo comunica l’INAIL con un comunicato stampa diffuso il 6 marzo 2012.

I casi mortali –Spostando invece, il focus sui casi mortali nel quinquennio di riferimento è possibile notare una flessione consistente, pari al 21,2%. Al riguardo, terribile risulta il dato che vede poco più della metà delle donne (51,3%) vittime nel tragitto casa-lavoro-casa, ben 40 su 78 nel 2010.

I settori più rischiosi –Quanto ai settori con maggiore incidenza infortunistica femminile, vede al primo posto il personale domestico (87,6%), a seguire la sanità e i servizi sociali (76,9%) e gli enti pubblici e locali (58,2%). Mentre le lavoratrici straniere, rimaste vittime di infortunio nel 2010, sono state poco più di 31 mila (pari al 12,7% del totali delle donne infortunate) e 17 dei 78 casi mortali.

I dati dell’Ocse –Com’è possibile notare dai dati dell’Ocse, l’Italia si distingue per un tasso di occupazione femminile tra i più bassi d’Europa, inferiore di 11 punti percentuali rispetto alla media Ocse (48% contro 59%). Per evitare ciò, il Consiglio europeo ha approvato già nel 2006 un “Patto per la parità di genere”, con l'obiettivo di attuare politiche finalizzate allo sviluppo dell'occupazione femminile, manifestando la volontà di garantire l'equilibrio tra la vita professionale e quella privata. Nonostante gli sforzi nazionali ed europei, l'ISTAT ha rilevato che nel nostro Paese sono ancora quasi il 40% le donne inattive con figli di età inferiore ai 15 anni e se consideriamo le madri di età compresa tra i 25 e i 34 anni il tasso di occupazione è del 45%, mentre tra i padri raggiunge l’occupazione raggiunge l'87%, ampliando sempre di più il gender gap.

Conciliazione lavoro-famiglia – Altro fattore importante da considerare che contribuisce a incrementare il gender gap, riguarda l’ormai consueto problema della conciliazione lavoro-famiglia. Infatti, l’ISTAT evidenzia che il 30% delle madri ha interrotto il lavoro per motivi familiari (contro il 3% dei padri) e solo quattro su dieci hanno poi ripreso l'attivitàcon una differenziazione che va da una madre su due nel Nord per arrivare a una su cinque nel Sud Italia, a conferma delle diverse tradizioni e culture che continua a dividere il Paese.Infine, analizzando il tasso di occupazione per il ruolo ricoperto in famiglia, si scopre che quello femminile diminuisce all'aumentare del numero dei figli e la diminuzione si accentua in modo particolare tra il primo e il terzo figlio.

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