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Premessa – L’ammontare dell’assegno pensionistico dipende dalla cessazione dell’attività lavorativa. Infatti, l’attuale manovra Monti, in via di definizione, prevede delle pensioni flessibili, in quanto è concessa facoltà ai lavoratori e lavoratrici di uscire dal mondo del lavoro con un età anagrafica compresa tra 66 e 70 anni (fermo restando i 20 anni di contributi minimi), con assegni pensionistici più sostanziosi per chi esce dal lavoro più tardi. Tutto ciò comporta delle sostanziali modifiche per quanto riguarda i divieti di licenziamento poiché, anche se si è raggiunto l’età minima per la vecchiaia, i datori di lavoro non potranno procedere al licenziamento fino al 70esimo anni di età del lavoratore, salvo successivi adeguamenti della speranza di vita stimata dall’Istat.
Due vie per la pensione – Con l’abolizione delle pensioni di anzianità anticipata (sistema delle quote), si è ottenuto una sostanziale semplificazione sul fronte previdenziale. Infatti, per l’accesso ai trattamenti pensionistici ora bisogna tener conto di sue soli prestazioni: la pensione di vecchiaia e quella di anzianità. Tuttavia, per calcolare l’accesso al pensionamento occorre tener conto anche dell’impatto degli incrementi automatici legati alla speranza di vita stimata dall’Istat. In pratica, esso consiste in una stima trimestrale sulle probabilità di vita che resta a chi ha 65 anni e, se questa aumenta, l’incremento eleverà anche il requisito d’età per l’accesso al pensionamento.
La pensione di vecchiaia – Uno dei pochi requisiti che la manovra risparmia, è quella legata ai contributi minimi richiesti per l’accesso al pensionamento di vecchiaia, stabilito in 20 anni. Per chi ha intenzione di accedere a questa tipologia di pensionamento, dal 1° gennaio 2012 il requisito anagrafico è esteso a 66 anni per gli uomini e 62 anni per le donne ed entro il 2018 aumenterà a 66 anni (come previsto per gli uomini). Tuttavia, il requisito anagrafico tende ad aumentare per effetto della clausola di salvaguardia la quale stabilisce l’elevazione a 67 anni a partire dal 1° gennaio 2022, qualora questo limite non fosse raggiunto naturalmente per effetto dei periodici adeguamenti statistici.
La flessibilità – Come accennato in premessa, una delle novità più eclatanti della manovra pensionistica riguarda la facoltà concessa ai lavoratori di accedere al pensionamento di vecchiaia, secondo un meccanismo di flessibilità che si sostanzia in un meccanismo premiale a favore di chi ritardi l’accesso alla pensione, rispetto all’età minima prestabilita dalla legge. In altre parole, chi decide di lavorare oltre l’età minima richiesta per il pensionamento, verrà premiato con l’applicazione di un coefficiente di trasformazione di misura più conveniente. A questi coefficienti (che sono i tassi percentuali che applicati al montante contributivo danno la misura della pensione) saranno predeterminati fino all’età di 70 anni, con l’impossibilità da parte del datore di lavoro di licenziare il lavoratore fino a tale data.