A qualcuno potrebbe essere sfuggita l’importanza di uno dei 999 commi dell’unico articolo della Legge di Stabilità 2016 (L. 208 del 28 dicembre 2015). Siamo ormai abituati a tecniche legislative che rendono difficile la lettura di importanti innovazioni normative, ma il comma 280 potrebbe essere passato inosservato.
Queste le poche righe della norma che ha inteso chiarire un passaggio controverso della Legge 335/1995, nella parte in cui prevede l’applicazione del massimale di contribuzione anche per i lavoratori iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti nelle gestioni INPS ed INPDAP:
“Il comma 18 dell'articolo 2 della Legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i lavoratori assunti successivamente al 31 dicembre 1995 ai quali siano accreditati, a seguito di una loro domanda, contributi riferiti a periodi antecedenti al 1º gennaio 1996 non sono soggetti all'applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, di cui alla medesima disposizione, a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda”.
Sono trascorsi ormai vent’anni dalla Legge di Riforma del sistema pensionistico. L’evoluzione delle carriere dei giovani assunti successivamente alla Legge 335/1995 ci porta a dover fare i conti con l’esatta individuazione dei diritti contributivi (e pensionistici) dei neo assunti, ovvero coloro i quali hanno iniziato a lavorare successivamente all’introduzione della predetta norma, con versamenti nei regimi obbligatori di appartenenza.
Non abbiamo avuto dubbi circa l’applicazione del massimale contributivo dei lavoratori parasubordinati ed anche dei lavoratori autonomi atipici (privi di altra gestione previdenziale obbligatoria); per questi lavoratori, al massimo, abbiamo riscontrato qualche problema pratico nell’individuare il limite del massimale di contribuzione della c.d. “Gestione Separata” in presenza di più rapporti di lavoro consecutivi o addirittura contestuali.
Per diversi anni, come ho detto, abbiamo sottovalutato l’importanza di una corretta classificazione dei lavoratori dipendenti (ante e post 1996) ai fini dell’applicazione del massimale. È pur vero che i neoassunti (post 1996) difficilmente hanno raggiunto il limite retributivo dei 100 mila euro nei primi anni di carriera.
Quanti di noi si sono preoccupati di acquisire le autocertificazioni dei lavoratori che attestano l’accredito di contributi previdenziali (anche solo per un giorno) anteriori al 1° gennaio 1996?
Quanti lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 1996 sono a conoscenza dell’importanza di aver svolto qualche lavoro (regolare) in un periodo anteriore?
Anche i software gestionali per anni hanno sottovalutato l’importanza di tale classificazione, limitandola alle sole figure dirigenziali.
Nel tempo si era posto poi il problema dei lavoratori che modificavano il loro status previdenziale per il versamento di contribuzione volontaria da riscatto di corsi di studi collocati temporalmente in epoca anteriore alla suddetta data. L’INPS con Circolare n. 42 del 17 marzo 2009 aveva già chiarito la valenza di tale tipo di contribuzione, confermando che anche la contribuzione da riscatto era valida ai fini della classificazione pensionistica. Agli operatori erano però rimasti dubbi circa l’applicazione del massimale per periodi anteriori a quello in cui il lavoratore aveva manifestato la propria volontà di riscattare anche solo una parte del corso di studi svolto in data anteriore al 1° gennaio 1996.
La questione non era di poco conto. Alcuni datori di lavoro hanno temuto di dover versare contribuzioni arretrate (quelle oltre il limite del massimale di legge) solo per il fatto che il lavoratore da un certo momento in poi avesse dimostrato di essere diventato un “vecchio iscritto”.
Ora la norma è stata interpretata nel senso che l’esonero del massimale troverà applicazione solo a partire dal mese successivo a quello di presentazione della domanda di contribuzione da riscatto, sempre che la stessa venga perfezionata dal lavoratore mediante pagamento integrale dell’onere o di una frazione di esso. Ricordo al lettore che la contribuzione da “riscatto”, a differenza di quella da “ricongiunzione”, viene accreditata dall’INPS anche se avviene un versamento parziale. Ovviamente il diritto pensionistico verrà accreditato in proporzione.
Se è vero che dopo la “Riforma Fornero” tutti i lavoratori hanno oggi diritto a quote pensionistiche accreditate con il sistema contributivo (in parole semplici: tanto si versa di contributi, tanto si percepisce di pensione) non si deve sottovalutare l’effetto che provoca il versamento di contribuzione (anche solo per una settimana di un periodo di studio riscattabile) ai fini del costo contributivo e della correlata futura misura della pensione.
Sbloccare il limite dell’imponibile contributivo potrebbe dar luogo a proiezioni pensionistiche ad hoc se non addirittura a negoziazioni delle retribuzioni con il proprio datore di lavoro privato.
Per i lavoratori del settore pubblico (ex INPDAP) valgono le stesse considerazioni, anche se per questa categoria di lavoratori non si potrà certo parlare di “negoziazione” delle retribuzioni quanto del vantaggio di poter “costringere” il proprio datore di lavoro (pubblico) a versare contribuzioni oltre il limite di legge, con conseguente incremento sostanziale della misura della pensione attesa.
Sono sicuro che presto il legislatore si accorgerà del fatto che questa norma rischia di generare delle anomalie ai limiti della costituzionalità. Immaginate il caso di due lavoratori assunti dopo il 1996, uno dei quali con periodi di studio riscattabili, collocati in epoca anteriore al 1° gennaio 1996. Ecco, chi avrà il diritto di poter riscattare anche solo una settimana del corso legale di laurea svolto prima del 1996, avrà anche diritto a quote di pensione (contributive) calcolate sull’intera retribuzione percepita, piuttosto che nell’attuale limite dei 100 mila euro di massimale.
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