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Premessa – Visto l’attuale “pacchetto lavoro” previsto dal recente maxiemendamento, il quale prevede, fra i tanti interventi sul tema lavoro zero, contributi per gli apprendisti e decontribuzione per le disoccupate, è opportuno a questo punto analizzare cosa comporterebbe un intervento del genere nell’ambito dell’occupazione del Paese. Di sicuro, una delle soluzioni affinché le imprese siano più propense ad assumere è legato alla riduzione dell’onere contributivo a carico delle imprese, nella misura pari al 50%. A prima vista, sembrerebbe che ciò porterebbe maggiori costi dovuti alle minori entrate contributive per l’INPS. Ma non è così. Poiché, il ridotto carico contributivo provocherebbe senz’altro maggiori e notevoli entrate dello Stato, tali da compensare le minori entrate contributive. Analizziamo ora tali effetti, ipotizzando una riduzione dell’onere contributivo pari al 50%.
Gli effetti – Mettendo a confronto la situazione attuale con quella che si avrebbe con il provvedimento della riduzione al 50% dell’onere contributivo è possibile rilevare, innanzitutto, un incremento occupazionale pari al 250.000 nuovi occupati ogni anno. Inoltre, a parità di retribuzione (es. 21 mila euro), l’IRPEF e addizionale resterebbero uguali, rispettivamente 4.542 euro e 256 euro, mentre i contributi a carico del datore passerebbero da 6.315 a 3.158 euro. Per il sistema impresa si avrebbe a questo punto un risparmio contributivo pari a 789.500.000 euro, al contrario per l’INPS, ovviamente, si avrebbero minori entrate per lo stesso importo. Il lavoratore, con la riduzione dell’onere contributivo ipotizzato al 50%, avrebbe a disposizione un reddito netto di euro 14.200. Lo Stato, invece, dal canto suo, sui redditi netti di euro 14.200 a nuovo occupato moltiplicato per 250.000 nuovi occupati pari ad euro 3.550.000.000, otterrebbe nuove entrate per imposte dirette e indirette sui consumi pari a oltre 40% su un ammontare di 3.550.000.000, cioè 1.420.000.000 euro.
Il gettito tributario – Con tale maggior gettito tributario lo Stato, oltre a compensare le mancate entrate degli enti previdenziali per 789.500.000 euro, otterrebbe addirittura entrate pari a 630.500.000 euro.
Il mondo imprenditoriale – Guardando al mondo imprenditoriale, con la manovra ipotizzata, si sarebbero sostenuti maggiori costi per il personale per euro 24.158 per ogni nuovo occupato, che moltiplicato per 250.000, che sarebbero i nuovi occupati, i costi sarebbero saliti a 6.039.500.000. Ora, per reintegrare i costi sostenuti, occorrerebbe ottenere maggiori ricavi. Tali maggiori ricavi, sarebbero pari ad euro 7.851.350.000 ottenuti aumentando il costo sostenuto di almeno un 30%, pari a euro 1.818.350.000. Di conseguenza, applicando il 21% di IVA su 7.851.350.000, si otterrebbe un gettito tributario di 1.648.785.000 euro.
Possibilità di riduzione IRES e IRAP – Non è finita qui. L’eventuale maggior reddito per le imprese appena descritto, scaturente dalle nuove assunzioni, potrebbe addirittura essere esentato da IRES e da IRAP. Ciò è possibile poiché, a fronte di minori entrate per l’INPS di euro 789.500.000, lo Stato avrebbe un maggior gettito tributario sui redditi dei lavoratori dipendenti per euro 1.420.000.000 + 1.648.785.000 di IVA sul nuovo fatturato delle imprese: in totale 3.068.785.000. La differenza tra il gettito tributario complessivo di 3.068.785.000 euro e le minori entrate contributive di 789.500.000 euro, pari a 2.279.285.000 potrebbe appunto essere destinato a riduzione di IRES e IRAP.
I dati nel corso degli anni - In buona sostanza, ciò è quello che potrebbe accadere in un solo anno. E se guardiamo al futuro, quante entrate potrebbe contabilizzare lo Stato? È semplice. Ipotizzando sempre un aumento dell’occupazione di 250.000 nuovi lavoratori per ogni anno si avrebbero i seguenti dati: al 1° anno 2.279.285.000 euro, al 2° il doppio 4.558.570.000 euro; al 3° maggiori entrate per 6.837.855.000 euro, al 4° 9.117.140.000 euro e così via, fino ad arrivare al decimo anno dove le entrate complessive sarebbero pari a 125.360.770.000 euro. Mentre, gli occupati nell’arco dei 10 anni sarebbero ben 2.500.000 persone, evitando a questo punto di far emergere il lavoro sommerso, dal momento che con una riduzione contributiva nessuno avrebbe più interesse a non assumere.