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Premessa – La manovra d’estate (D.L. n. 138 del 13 agosto 2011) recante “ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148 del 14 settembre 2011, ha previsto importanti interventi in materia previdenziale per i dipendenti dell’amministrazione pubblica. Pertanto, l’Inpdap, acquisito l’assenso da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, illustra tutte le novità introdotte in materia previdenziale, dalle decorrenze dei trattamenti pensionistici per il comparto scuola ai nuovi termini di pagamento del TFR e TFS. A precisarlo è l’Inpdap con la circolare n. 16 del 9 novembre 2011.
Comparto scuola e AFAM – Partendo dalla prima novità introdotta dall’art. 1, c. 21 del D.L. 138/2011 è stato introdotta, a decorrere dal 1° gennaio 2012, per il personale del comparto scuola che matura il diritto alla pensione entro il 31 dicembre di ogni anno, la finestra mobile, prevedendo l’accesso al pensionamento dalla data di inizio dell’anno scolastico o accademico dell’anno successivo a quello in cui si maturano i requisiti per la pensione, ovvero al 1° settembre o 1° novembre dell’anno successivo alla maturazione dei requisiti. A tal proposito, l’Istituto specifica che rientrano anche nel comparto scuola:
- il personale dipendente da istituzioni scolastiche pubbliche non statali (es. scuole comunali), a condizione che le stesse abbiano recepito nei propri regolamenti le disposizioni relative all’ordinamento dei docenti della scuola statale;
- il personale appartenente al comparto alta formazione e specializzazione artistica e musicale AFAM.
Al contrario, la disposizione non si applica al personale delle Università, per il quale vige il regime della finestra mobile valevole per la generalità dei lavoratori dipendenti, ovvero 12 mesi dal perfezionamento dei requisiti.
L’ultimo stipendio – In virtù delle nuove modifiche legislative, in caso di incarichi dirigenziali di durata inferiore a tre anni, ai fini dell’individuazione della base pensionabile e della liquidazione del TFS dei dirigenti delle amministrazioni statali, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico stesso. Inoltre, tale disposizione ha effetto solo per i dirigenti civili delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, cui venga conferito ab origine un incarico inferiore a tre anni, iscritti a fini pensionistici alla cassa dei trattamenti pensionistici statali (CTPS) e, ai fini delle prestazioni di fine servizio, all’ex ENPAS. La disposizione non si applicano invece:
- al personale dirigenziale cui non si applica la disciplina di conferimento degli incarichi di cui all’art. 19 del D.Lgs. 165/2011 e s.m.i, e l’art. 43 del DPR 1092/73;
- parimenti non è destinatario dell’art. 1, comma 32, il dirigente statale cui sia stato conferito un incarico pari o superiore a tre anni che si dimetta dal rapporto di lavoro prima che siano decorsi tre anni dal conferimento dell’incarico medesimo.
TFR e TFS – Sempre ai sensi del D.L. in commento è stato previsto una modifica dei termini di pagamento dei trattamento TRF e TFS. Al riguardo, sono previsti tre termini di liquidazione delle prestazioni a seconda della causa di cessazione del rapporto di lavoro:
- termine breve entro 105 giorni dalla cessazione: in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso, continua a trovare applicazione il termine breve che prevede che la prestazione debba essere liquidata entro 105 giorni dalla cessazione. Inoltre, l’ente datore del lavoro è tenuto a trasmettere all’Inpdap la documentazione necessaria entro 15 giorni dalla cessazione del dipendente, l’Istituto stesso a sua volta provvede a corrispondere la prestazione, entro i tre mesi successivi alla ricezione della documentazione stessa. Decorsi questi due periodi sono dovuti gli interessi;
- termine di 6 mesi: la prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro quando questa è avvenuta per:
1. raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza;
2. cessazioni dal servizio conseguenti all’estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato per raggiungimento del termine finale fissato nel contratto stesso;
- termine di 24 mesi: la prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, quando questa è avvenuta per cause diverse da quelle sopra richiamate, anche nell’ipotesi in cui non sia stato maturato il diritto a pensione. Tra queste cause si ricordano in particolare:
1. le dimissioni volontarie;
2. il recesso da parte del datore di lavoro.
Durante i 24 mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, l’Inpdap non può procedere alla liquidazione e al pagamento della prestazione. Scaduto detto termine, l’istituto deve mettere in pagamento la prestazione entro 3 mesi. Decorsi questi due periodi (complessivamente pari a 27 mesi) sono dovuti gli interessi.
Modalità di erogazione e decorrenze – L’introduzione dei nuovi termini di pagamento lascia inalterata la modalità di erogazione rateale, pertanto in caso di prestazione di importo superiore a 90.000 euro, il pagamento della seconda rata e della eventuale terza rata avviene a distanza, rispettivamente, di un anno e di due anni dai nuovi termini di liquidazione sopra indicati. Infine, l’Istituto specifica che i nuovi termini di liquidazione decorrono con effetto dall’entrata in vigore del decreto legge.