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Premessa – Il 2014 è alle porte e con esso anche l’aumento dell’aliquota contributiva a carico dei professionisti con partita IVA. Infatti, dal prossimo anno la percentuale passerà dall’attuale 27,72% al 28,72%; quota, questa, che sarà destinata a salire fino al 33,72% nel 2018, equiparandola così ai lavoratori subordinati. I professionisti però non ci stanno, lanciando un appello al Governo nelle scorse settimane con l’intento di bloccare anche per quest’anno l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota contributiva, introdotta dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012).
Riforma Fornero e D.L. Sviluppo - Il progressivo incremento dell’aliquota contributiva IVS degli iscritti alla Gestione separata dell’INPS, fa parte della tabella di marcia introdotta dalla Riforma Fornero (art. 2, c. 57, L. n. 92/2012), successivamente modificata dal D.L. Sviluppo (art. 46-bis, c. 1, lett. g, del D.L. n. 83/2012, convertito nella L. n. 134/2012), che porterà a regime l’attuale 27,72% al 33,72%, nel 2018. Al riguardo, ricordiamo che il D.L. Sviluppo ha corretto la Riforma del Lavoro ritardando di un anno l’aumento contributivo; infatti, per il 2013 i lavoratori autonomi non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie hanno versato ancora il 27,72% (anziché il 28,72%), e il 28,72% (anziché il 29,72%) nel 2014. Viceversa, è stata anticipata e aumentata del 2% per l’anno in corso l’aliquota per chi è già iscritto ad altra previdenza obbligatoria. Infatti, per tali soggetti l’aliquota contributiva si attesterà, nel 2018, al 24%.
Le lamentele – Forti sono le lamentele dai quasi 200mila professionisti. “Le partite Iva iscritte in via esclusiva alla gestione separata – sottolinea Davide Imola. Responsabile lavoro professionale della Cgil – sono l’unica categoria che oggi versa più del 24%. Artigiani e commercianti sono su valori inferiori, mentre per i collaboratori a progetto e i lavoratori dipendenti la contribuzione è ripartita con il datore di lavoro o il committente. Già oggi una partita IVA che ha un reddito lordo di 1.000 euro ne incassa netti 545, con la contribuzione al 33% scenderà a 485”.
I problemi della Gestione separata – Oltre ai problemi derivanti dai contributi, i professionisti promotori dell’appello rilevano problemi strutturali all’interno della Gestione separata. Infatti, il sistema non garantisce una pensione che remunera adeguatamente quanto versato e non prevede nessun meccanismo solidaristico dato che non c’è copertura figurativa per i periodi di disoccupazione e malattia né forme di integrazione del reddito. L’onerosità e la scarsa efficacia della gestione separata è sottolineata anche da Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni: “a fronte di versamenti importanti, il risultato a lungo termine è iniquo. Inoltre l’aumento dell’aliquota impatta fortemente sulla parte più debole in termini di contraenza del mercato, cioè i giovani, che sono invece le risorse per il futuro del Paese. Senza contare che i professionisti con un Albo e una cassa versano tra il 15% e il 20%. A livello strategico, invece, il fatto è che la gestione separata è la gallina dalle uova d’oro dell’INPS, dato che le altre sono in perdita”.
La proposta – A fronte di tale situazione, i rappresentanti dei professionisti intendono porre all’attenzione del Governo un emendamento al disegno di legge di stabilità. “Abbiamo ipotizzato un aliquota massima tra il 27 e il 28% - spiega il coordinatore nazionale Gabriele Rotini – con l’obiettivo di modificare l’attuale gestione separata creando una contabilità specifica solo per i professionisti che fanno riferimento alla L. n. 4/2013. Contenendo l’aliquota si potrebbe incrementare la base di contribuenti, mentre il 33% è un disincentivo a mettersi in regola”.