Premessa - La normativa italiana ritiene legittimo il trasferimento del ramo d’azienda anche se il cedente conserva un potere di controllo sul cessionario. Infatti, la Direttiva UE 2001/23 non è contraria a norme nazionali, come quelle italiane, le quali, in presenza di trasferimento di un ramo d’impresa, consentano la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell’ipotesi in cui la parte di impresa non costituisca un’entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento. A stabilirlo è una sentenza della Corte di giustizia europea (causa C458/12), avente a oggetto la conformità dell’art. 2112 del c.c. rispetto alla direttiva 2001/23 sui trasferimenti di azienda.
La vicenda – Il caso riguarda la riorganizzazione della Telecom Italia avvenuta nel febbraio 2010, in seguito alla quale il ramo “Information Technology” è stato suddiviso in varie sottostrutture, tra cui la “IT Operations”. In pratica, i lavoratori trasferiti a seguiti di tale violazione hanno lamentato la violazione del diritto comunitario, sostenendo che il segmento di impresa presso il quale erano addetti non poteva essere qualificato come ramo d’azienda (di conseguenza, hanno chiesto che fosse dichiarato l’inefficacia del trasferimento del rapporto di lavoro). Alla luce della suddetta situazione, il tribunale di Trento ha deciso di sottoporre alla Corte due questioni pregiudiziali. La prima riguarda la possibilità per uno Stato membro di qualificare come ramo d’azienda non solo quelle parti preesistenti alla cessione, ma anche quelle identificate come tali dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. In seconda battuta è stato chiesto al giudice se è possibile applicare il regime del trasferimento di azienda ai casi nei quali l’impresa cedente eserciti, dopo l’operazione, un inteso potere di supremazia nei confronti della cessionaria, che si manifesta attraverso uno stretto vincolo di committenza e una commistione del rischio di impresa.
La sentenza– In risposta alla prima domanda la Corte osserva che, secondo la Direttiva 23/2011, la nozione di trasferimento di azienda presuppone l’esistenza, già prima del trasferimento, di un’autonomia funzionale sufficiente. Quindi, i trasferimenti privi di tale autonomia non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva. Tuttavia, nulla vieta a uno Stato membro di consentire l’applicazione del regime tipico del trasferimento di azienda anche a operazioni di cessione che riguardano segmenti produttivi che acquistano autonomia funzionale solo al momento in cui sono venduti. Sul secondo punto, invece, si afferma che non ci soni ostacoli all’applicazione della direttiva sul trasferimento di azienda, escludendo quindi che la cessione dei rapporti di lavoro in situazioni come quella appena descritta sia contraria al diritto comunitario. In definitiva, la Direttiva UE 2001/23 non è contraria a norme nazionali, come quelle italiane, le quali, in presenza di trasferimento di un ramo d’impresa, consentano la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell’ipotesi in cui la parte di impresa non costituisca un’entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento. Né è contraria a una norma che consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nel caso in cui, dopo il trasferimento, il cedente eserciti un intenso potere di supremazia nei confronti del cessionario.
© Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata