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Premessa – Si modificano nuovamente i criteri che consentono al lavoratore di conservare lo stato di disoccupazione anche nel caso di svolgimento di attività lavorativa previsti dal D.Lgs. 181/2000. Infatti, il D.L. lavoro (D.L. n. 76/2013) ripristina la conservazione dello stato di disoccupazione alle regole previgenti alla Riforma Fornero (L. n. 92/2012). Pertanto, è possibile mantenere lo status di disoccupato - a prescindere da tipo di rapporto di lavoro intrapreso – se il ricavato resta all’interno della soglia reddituale esclusa da imposizione fiscale (da ultimo, 8.000 euro annui per il lavoro subordinato e 4.800 euro annui per gli autonomi).
Stato di disoccupato – Lo stato di disoccupato, contenuto nell’art. 1, c. 2, lett. c) del D.Lgs. n. 181/2000, è la condizione del soggetto privo di lavoro che sia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti. Tale status deve essere comprovato dalla presentazione dell’interessato presso il servizio competente nel cui ambito territoriale si trovi il suo domicilio, che attesti l’eventuale attività lavorative precedentemente svolta, nonché l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. Quindi, da tale data decorre l'anzianità di disoccupazione che in molti casi consente di ottenere agevolazioni.
Riforma Fornero – La Riforma Fornero (art. 4, c. 33 della L. n. 92/2012), nel modificare l’art. 4 del suddetto decreto legislativo, ha previsto che sono le Regioni a dover stabilire i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione sulla base dei seguenti principi:
- perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente;
- perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno e indeterminato o determinato o di somministrazione di lavoro nell'ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;
- sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi.
Mancata applicazione - Tuttavia, nonostante l'entrata in vigore della Riforma Fornero e la conferma dell'applicabilità dei suddetti nuovi criteri sia da parte dell'INPS e della Direzione generale per l'Attività ispettiva, i Centri per l'Impiego hanno continuato ad operare secondo la disciplina previgente ritenendo che le disposizioni della Legge 92/2012 diventassero efficaci solo dopo che le Regioni avessero adottato i criteri. Purtroppo nessuna delle Regione e Province Autonome ha adottato i criteri introdotti dalla Riforma Fornero, manifestando addirittura il loro diniego alla condivisione delle modifiche introdotte. Infatti, in occasione della Conferenza Stato Regioni Province Autonome del 22 novembre 2012, in cui sono state approvate le Linee Guida per una regolamentazione unitaria per l'attuazione delle disposizioni introdotte dall'art. 4, c. 33, della L. n. 92/2012, si è deciso di rinviare la decisione al 30 giugno 2013 e auspicando nel frattempo un intervento legislativo che ripristinasse i previgenti criteri.
D.L. lavoro – A risolvere la questione è intervenuto il recente D.L. lavoro (D.L. n. 76/2013) introducendo all'art. 7, c. 7, la possibilità che le Regioni possano prevedere la: “conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione. Tale soglia di reddito non si applica ai soggetti di cui all'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468”. In questo modo viene eliminata la limitazione “economica” introdotta dalla Legge Fornero. Infatti, la sospensione dello status di disoccupato rimane per quanto riguarda il limite dei sei mesi di attività subordinata. Invece, d’ora in poi i disoccupati potranno svolgere attività autonoma o subordinata senza perdere la loro condizione purché la stessa non determini un reddito annuale superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione. Ciò significa che si potranno avere ricavi fino a 8.000 euro annui per il lavoro subordinato e fino a 4.800 euro per quello autonomo. In buona sostanza è stato ripristinato in via legislativa il previgente criterio.