Sono scattati alla mezzanotte ora locale (ore 06:00 in Italia) i nuovi dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio che dal 25% salgono al 50%, in seguito all’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump.
Una mossa che amplia la guerra commerciale e che tende ad aumentare le tensioni con i principali partener economici del Paese. Tuttavia, Trump si dice sicuro della propria scelta, ribadendo che l’aumento dei dazi fornirà maggiore sostegno alle industrie dell’acciaio e dell’alluminio statunitensi, definite ad oggi “più forti che mai”, ed eliminerà la minaccia della sicurezza nazionale rappresentata dalle importazioni di prodotti in acciaio e alluminio e dei loro derivati.
La strategia americana
Da una bozza di lettera ai partner, l’intenzione del presidente americano di concludere i negoziati entro l’8 luglio non lascia spazio a dubbi o incertezze. Dal documento, infatti, emerge l’urgenza di definire gli accordi entro la scadenza ormai prossima. Tuttavia, la situazione attuale non è delle migliori, al momento, infatti, è stato raggiunto un solo accordo con un importante partner commerciale cioè la Gran Bretagna. Se vogliamo dirla tutta, però, si tratta di un accordo limitato più simile ad un’intesa – quadro che ad un accordo definitivo.
I negoziati: quali proposte?
La richiesta avanzata dagli Stati Uniti ai partner commerciali, da quello che si legge nella bozza, è di elencare le migliori proposte in una serie di aree chiave: tasse doganali, quote per l’acquisto di prodotti industriali e agricoli statunitensi e piani per porre rimedio a eventuali barriere non fiscali. Ma non solo, focus anche su eventuali impegni in materia di commercio digitale e sicurezza economica ed impegni specifici per il Paese. Dal canto loro, gli Stati Uniti si impegnano a valutare le risposte entro pochi giorni e ad offrire un terreno di comune intesa che potrebbe includere un’aliquota doganale reciproca.
Non ci sono certezze, però, su quali Paesi abbiano ricevuto la lettera ma tra questi potrebbero esserci l’Unione Europea e il Giappone. Dal canto suo, l’UE si dice pronta a reagire, secondo quanto riportato da un portavoce della Commissione, nel caso in cui non si dovesse trovare una soluzione reciprocamente accettabile, le eventuali contromisure, infatti, potrebbero entrare in vigore anche prima del 14 luglio se le circostanze lo richiedessero.
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