Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Conte come Luigi XVI: è il parallelo divenuto ricorrente in questi ultimi giorni, precisamente da quando il premier, nel corso della conferenza stampa dello scorso 3 giugno, ha annunciato l’intenzione di voler convocare gli Stati Generali, trasponendo così a quest’era contemporanea uno strumento che in passato ha avuto ben altra funzione.
Il precedente di riferimento è, difatti, un’istituzione datata 1302: fu il re Filippo il Bello che in quell’anno, nella chiesa di Notre-Dame a Parigi, convocò l’assemblea generale rappresentativa dei tre ordini - o Stati, appunto – di cui si componeva la popolazione: clero, nobiltà e borghesia.
Ma i ben più noti Stati Generali sono quelli che, alla vigilia della Rivoluzione francese, esattamente il 5 maggio del 1789, Re Luigi XVI di Francia convocò a Versailles con l’intento di risolvere la grave crisi economica che annose guerre ed eccessi di corte avevano causato.
La proposta allora al vaglio era quella di imporre tasse a clero e nobiltà (il primo ed il secondo stato), riducendo i privilegi di cui godevano, così accogliendo le istanze della borghesia e del popolo (il terzo stato), che, nei famosi cahiers de doléances, lamentavano la gravosità delle imposizioni a loro carico e chiedevano l'abolizione di quei “refusi feudali” rappresentati dalle decime ecclesiastiche e dai privilegi signorili.
L’evidente limite degli Stati Generali era però costituito dalle modalità di voto, che veniva espresso per ordine e non per teste, sicché il terzo stato era perlopiù destinato a soccombere ove clero e nobiltà si fossero alleati.
Ecco, dunque, che in occasione di quella convocazione, proprio il terzo stato chiese che il numero dei propri rappresentanti in assemblea fosse raddoppiato e che il voto si esprimesse per teste. Il Re acconsentì solo alla prima richiesta, mentre sulla seconda la discussione proseguì ancora a lungo, finché i deputati del terzo stato compirono un gesto eclatante, il primo atto rivoluzionario: abbandonarono gli Stati Generali (che da allora non furono mai più convocati) e si proclamarono Assemblea Nazionale.
Era il 17 giugno del 1789.
Dopodiché, si spostarono in un’altra sala della reggia di Versailles, la palestra della Pallacorda, dove si rinchiusero e, appoggiati a quel punto dal clero e da parte della nobiltà, si autoproclamarono Assemblea Nazionale Costituente, prestando il famoso “giuramento della Pallacorda” col quale si impegnavano a non sciogliersi finché non avessero trasformato lo stato assoluto in una monarchia parlamentare e dato alla Francia una Costituzione.
Il resto è ancor più noto: Luigi XVI sconfitto sul piano politico, decise di ricorrere alla forza; ma la borghesia reagì e, con l'aiuto delle classi popolari, il 14 luglio assalì e conquistò la Bastiglia, simbolo del dispotismo del regime assoluto.
Oggi, evidentemente, il significato degli Stati Generali si è modificato; del suo contenuto originario, tòltone ogni risvolto politico, resta l’idea di uno spazio aperto di lavoro, di confronto e di dialogo dove si incontrano soggetti accomunati da un interesse condiviso su una comune tematica.
Nelle intenzioni del nostro premier l’idea è dunque quella di realizzare un incontro aperto a diversi attori, istituzionali e non (sindacati, Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura e Pmi, soggetti economici, rappresentanti politici, organismi internazionali), per “far ripartire l’Italia” dopo l’emergenza coronavirus, progettandone la ripresa.
Riuniti nei saloni di Villa Doria Pamphilj – location per ore non altrettanto nota quanto il salone della Pallacorda – attori non rappresentativi di “ordini”, stavolta (ma di partiti si, inevitabilmente), si confronteranno e dialogheranno da oggi a domenica 21 giugno (anche il mese suggerisce una qualche analogia col precedente storico!), anch’essi rigorosamente a porte chiuse e senza l’intervento di giornalisti (tranne che per la conferenza finale e forse per un altro momento a metà della settimana prossima).
Il trinomio principale di argomenti su cui pare si focalizzerà il piano di Conte relativo all’utilizzo dei fondi che arriveranno dall’Europa - secondo le linee già sviluppate dalla task force di Vittorio Colao - riguarderà: semplificazione e lotta alla burocrazia; rilancio infrastrutture (con focus su Alta Velocità); investimenti; temi cui certo manca la suggestione dell’etichetta rivoluzionaria francese riassunta nel motto Liberté, Égalité, Fraternité, ma non per questo meno importanti o impegnativi.
L’obiettivo principale di questi Stati Generali è quello di giungere all’appuntamento del 18 giugno, quando appunto arriveranno i fondi del Recovery Fund, con delle proposte precise e con un piano adeguato di investimenti.
Il programma, secondo quanto emerso, sarebbe così strutturato:
Curioso che in una palestra della Pallacorda si sia pensato, invece, di poter far nascere addirittura una Costituzione!