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L’uomo solo sul cuore della terra

Autore: Ester Annetta
L’immensa piazza è vuota, avvolta nel silenzio, stinta, nel grigiore della sua desolazione.

Una figura vestita di bianco è l’unico punto più chiaro e luminoso al centro di quel vuoto.

Una tettoia sorretta da quattro montanti la ripara da una pioggia incessante che scende da diverse ore, senza accennare a diminuire.

Alle sue spalle, accanto al grande portone d’ingresso della basilica che si staglia imponente sul fondo della piazza, le braccia aperte di un Cristo in croce sembrano il punto d’origine di quel largo abbraccio che prosegue col colonnato, e che pare chiudersi su se stesso senza nulla contenere.

Quella bianca figura è, in quel momento, non solo al centro della piazza, ma d’ogni casa, d’ogni città, d’ogni Paese, della Terra tutta. Raduna in quell’istante l’umanità intera, che attende, come fosse affamata, un messaggio di coraggio e di speranza, insieme ad una benedizione che, persino per chi non ha mai creduto, sembra ora esser rimasta l’unica ancora di salvezza.

Sulla piazza sta calando la sera, quasi a voler sottolineare, col suo incantesimo che ruba forme e colori, ciò che le parole che si riverberano nell’aria vuota e silenziosa stanno raccontando: “…Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti”.

Le frasi sgorgano lente, gravi, calibrate. Non sono un susseguirsi di sillabe e cadenze, ma ciò in cui ciascuno ritrova quello che gli necessita in quest’ora: la parete cui aggrapparsi per non precipitare; la catena che tiene legati gli uni agli altri come anelli d’uno stesso destino; la fonte cui rinfrancare le fatiche d’un’anima stremata.

Quella figura, mai come adesso, rappresenta davvero un Padre: il punto di riferimento dei figli di questa Terra, il conforto, la mano che ne accarezza la testa mentre, smarriti, si rifugiano sulla sua spalla, la voce che li rassicura, che li esorta a non aver paura.

Non si pone su uno scranno, non si eleva su un altare, ma scende tra i suoi simili – uomo tra gli uomini – ricordando che questa è l’ora in cui ciascuno è chiamato a fare la sua parte; che ci sono quelli più esposti, quelli che stanno nelle retrovie, silenziosi e laboriosi angeli custodi di noi tutti; che questo frangente ci accomuna, ci rende uguali, senza più distinzione di razza ed appartenenza; che è questo il tempo in cui siamo chiamati a giudicarci da soli, imparando a discernere il superfluo dal necessario, ed a riconoscerci come fratelli; che solo restando uniti possiamo vincere, perché “nessuno si salva da solo”.

Il vuoto di quella piazza riempie l’anima.

La pioggia aumenta, come se in quel momento il cielo stesse riversando sulla terra tutte le lacrime dell’umanità. Le gocce d’acqua scendono anche sul corpo di quel Cristo ligneo, e, falsate dalla luce artificiale, sembra si colorino di rosso e diventino il sangue che sgorga dalle ferite di un corpo martoriato.

Il suono delle campane si leva alto mentre l’uomo-padre impartisce la benedizione ai quattro angoli della Terra: i suoi occhi sembrano che davvero la comprendano tutta, che tutte le creature umane tenute forzatamente distanti dai loro simili si affollino lì, tutte insieme, nella profondità di quel suo sguardo.

Eppure il suono festoso delle campane non riesce a sopraffare quello più acuto della sirena di un’ambulanza che passa veloce, quasi a voler ricordare che la morte resta comunque in agguato, anche mentre si compie un rituale di fede e di speranza nella vita.

La benedizione è semplice, fatta solo di gesti, affinché ciascuno, in cuor suo, possa scegliere i pensieri e le intenzioni con cui accompagnarla, se voglia trattenerla per sé o trasferirla, col veicolo della preghiera, a chiunque creda ne abbia più bisogno.

Compiuto il rito, l’Uomo si volta per riportare il Santissimo all’altare.

Il suo incedere è ora più incerto e claudicante, avanza a fatica, vacilla: in quel momento non è il solo peso dell’ostensorio che sta reggendo, ma quello della pena e del dolore dell’intera umanità.

L’Uomo non è più solo al centro della piazza: le speranze, le preghiere, le attese di ognuno sono lì con lui, affidate a lui, in una Unità che valica ogni confine.

Arriverà uno squarcio di sole a fendere le nubi e ad arrestare la pioggia; allo stesso modo, quel morbo che sta facendo razzia di vite e di sogni si ritrarrà, scomparendo così com’ è arrivato. E quando accadrà, l’umanità riaprirà finalmente gli occhi su tutta la bellezza che avrà rischiato di perdere, restando per sempre attenta a non richiuderli più.

Solo allora le tenebre saranno davvero vinte.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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