Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
La battaglia dell’Internet è stata persa dall’UE a vantaggio degli USA. È necessario che non si perda anche quella sulle catene di blocchi. Il singolo consumatore, al contempo, è chiamato sempre più a rispondere delle sue scelte di acquisti. In questa maniera si potrà, forse, fermare l’ascesa al potere globale di facebook, che, una volta emessa la sua valuta virtuale Libra, potrebbe diventare il luogo in cui si concentra la maggior parte delle informazioni su ogni individuo: da utente a consumatore. L’iniziativa di Zuckerberg, se potrebbe sembrare offensiva, può essere letta anche come difensiva: se le catene di blocchi possono assicurare la non presenza di un intermediario quale una banca o facebook stesso, è la stessa catena dei blocchi che potrebbe costringere, invece, a farvi ricorso. Intorno alla moneta - anche l’esperienza europea lo conferma - si crea aggregazione.
Molti parlano ormai quotidianamente delle criptovalute o, per meglio dire, le valute virtuali. Si tratta di uno strumento dalla creazione decisamente recente (il 2008) che ha subito un’evoluzione enorme perché si tratta di finanza che sfugge ai controlli bancari e statali. La tecnologia alla base è quella dei registri distribuiti o catene di blocchi (blockchain), che possono assicurare anonimato, sicurezza e, nello stesso tempo, trasparenza, poiché i dati conservati sono, per così dire, quasi ‘inespugnabili’.
In questo contesto, ancora di nicchia - si stima che gli utilizzatori di valute virtuali siano pressappoco 50 milioni -, si preannuncia una novità eclatante che potrebbe rendere le valute virtuali di uso molto più comune. Dalla fine del 2018, infatti, sono cominciate a circolare delle notizie sulla possibile creazione di una nuova valuta virtuale: Libra. Ma la notizia non è tanto quella della creazione del nuovo strumento, quanto piuttosto quella sul soggetto che vuole prendere l’iniziativa e le piattaforme su cui verrà gestita. Si tratta, infatti, dello Zuckerberg e di facebook.
Quali che ne siano le ragioni, l’impresa sembrerebbe in moto. Una filiale di facebook, una fondazione non profit, è stata istituita in Svizzera per sviluppare le tecnologie dei registri distribuiti necessari e, nello stesso tempo, essa gestirebbe le suddette blockchain al momento del ‘lancio’ sul mercato della nuova moneta (garantendo, in quanto tale, quella privacy che le transazioni richiedono). Nello stesso tempo ci si è mossi per trovare partner. Circolano voci di nomi importanti (benché ultimamente le notizie più accreditate affermano che molti di loro si siano poi tirati indietro): Visa, Mastercard, PayPal, Uber, Vodafone, Iliad, Booking, eBay, CoinBase… un investimento, insomma, da oltre un miliardo di dollari/euro.
Dal punto di vista strutturale, si è detto della Fondazione. I wallet, invece, chiamati Calibra, sarebbero gestiti direttamente da facebook. La Libra, dal canto suo rappresenta una valuta virtuale sia mobile che stabile. Mobile perché essa sarebbe gestibile sia da facebook sia da whatsapp sia da un’applicazione dedicata; stabile perché il suo valore sarebbe comunque legato alle valute tradizionali. In questo senso, lo Zuckerberg - pare - sta già prendendo contatti con il governatore della banca d’Inghilterra e con cripto-borse, quali Gemini.
Per comprendere la rilevanza del fenomeno e l’ampiezza degli effetti che potrebbe generare, è possibile riferirsi a un’inchiesta condotta dall’Università di Harvard nella primavera del 2018, in merito a quanto gli utilizzatori di facebook sarebbero disposti a pagare per il servizio stesso e quindi, presumibilmente, a comprare Libra. Ebbene, la media si attesta intorno ai 7,50 dollari, ossia nel complesso 18 miliardi di dollari. Ma quali gli effetti? Il primo e più immediato è ‘sdoganare’ l’utilizzo di valute virtuali; il secondo di trasformare facebook in un ecosistema autosufficiente; il terzo di dare una forte scossa al regime di regole fondanti il sistema economico, in particolare rispetto alla sovranità monetaria degli Stati.
Le reazioni si dividono in allarmiste e possibiliste. Vi è chi parla, ricordando la crisi dello Stato di diritto, di creazione di uno Stato-ombra, che però non garantirebbe né la moneta né i diritti (facebook sarebbe a conoscenza degli affetti e degli affari); ma vi è anche, invece, chi ricorda che la tecnologia è neutrale e che le distorsioni non si creano da sole ma sono generate dall’uso che ne compie l’essere umano. La responsabilità individuale del consumatore è, comunque, sempre più ampia: solo lui può decidere, in effetti, chi ha successo e chi no, mediante i suoi acquisti.
Altri si concentrano sulle ragioni che spingono a tale nuova creazione. Si può far riferimento alla stretta sui requisiti di sicurezza prevista dalle nuove regole europee per i pagamenti elettronici oltre i trenta euro (di cui alla direttiva UE 2015/2366): una moneta svincolata dai controlli bancari potrebbe infatti aiutare ad aggirare queste nuove previsioni. Oppure si potrebbe pensare alle difficoltà in materia di privacy che stanno attanagliando il gigante della rete (il quale, occorre ricordarlo, gestisce anche whatsapp, instagram e messenger) e che stanno minando quella fiducia che i due miliardi e mezzo di utilizzatori mondiali devono nutrire nei confronti della piattaforma social: come detto, l’aggregazione intorno alla moneta richiede e genera fiducia e la creazione di uno strumento simile potrebbe servire allo scopo. Inoltre, si potrebbero scorgere anche delle ragioni di ordine finanziario: al giorno d’oggi, infatti, le entrate della società derivano, per il 98%, da pubblicità ed è probabile che l’amministrazione voglia diversificare gli investimenti e generare nuove linee di reddito. Ancora: la insofferenza verso il sistema bancario che non è riuscito a innovarsi e che richiede delle commissioni talvolta esagerate per il trasferimento di valori, potrebbero spingere ad affidarsi ad altri sistemi. Il narcisismo dello Zuckerberg e la sua notoria voglia di potere possono fare il resto.
A ben considerare, però, la più probabile ragione che spinge lo Zuckerberg ad agire è quella di difendersi dalle catene di blocchi, proprio usandone una: la catena di blocchi, infatti permette ai soggetti di mettersi in contatto senza intermediari. Le banche, certamente, ma anche, appunto, facebook. Calibra e Libra, insomma, potrebbero permettere di asserragliare, e rendere degli utenti dei consumatori (e fruitori di pubblicità), mediante la registrazione delle loro abitudini.
Si sta aprendo, insomma, il mercato concorrenziale delle catene di blocchi: se l’Unione Europea ha perduta la battaglia dell’Internet - situato, governato e regolato negli Stati Uniti -, è necessario che si sviluppi velocemente un’alternativa alla piattaforma facebook. Ogni consumatore, come detto, può scegliere chi seguire.