28 dicembre 2019

Le scarpe magiche

Autore: Ester Annetta

L’hanno definita “la dea bendata”, ma non perché dispensi buona sorte come la divinità al cui bacio tutti anelano. La similitudine consta, infatti, di un solo dettaglio: le bende, che nel suo caso, però, non le cingono gli occhi rendendo casuali le sue azioni, ma i piedi, con uno scopo ben più mirato e pratico.

Lei si chiama Rhea Bullos ed è una bimba di un paesino delle Filippine – Balasan – dove frequenta le scuole elementari. La sua storia ha fatto il giro del pianeta in pochi giorni, diventando uno straordinario esempio di quanto la passione e la volontà possano essere superiori e più forti di ogni ostacolo e di ogni privazione.

Rhea ha 11 anni ed è una promessa dell’atletica.
Corre da sempre; anzi, vola, tanto con le sue gambette lunghe e slanciate che con la sua fantasia, quel potente combustibile che la fa andare veloce anche quando le manchi un accessorio necessario, come un paio di scarpe.
La sua famiglia è troppo povera per potergliene comprare un paio adeguato: Rhea è la terza di tre figli; i suoi genitori sono gente modesta - un papà muratore e una mamma casalinga – che si prodigano per non far mancare nulla né a lei né ai suoi fratelli. Ma un paio di scarpe chiodate, di quelle adatte a correre, proprio non se le possono permettere. Costano troppo.
Quelle da ginnastica normali Rhea ce le ha, ma non vanno bene.
Lei però non si arrende; allenandosi a scuola, ha già conquistato la qualificazione alle finali della sua regione, il Visayas Occidentale, e non rinuncerebbe per niente al mondo a correre ancora, a puntare più in alto e più lontano.

E così nel giorno fissato per la gare, si presenta. Scalza.

Non può però correre il rischio di ferirsi, di farsi male ed inficiare la sua prestazione nella competizione. Così si ingegna: la sua straordinaria fantasia si mette in moto e le suggerisce un rimedio. Si fascia i piedi con delle bende, avendo cura di avvolgere una ad una tutte le dita, la pianta, il dorso ed il tallone. Poi le compatta con il gesso per fissarle e, infine, da’ loro un ultimo tocco: prende un pennarello e le ingraziosisce disegnando il baffo della Nike.
Nel suo immaginario, però, quel marchio non è un segno di vanità, un’etichetta di prestigio, il brand più ambito perché adottato da tutti i più grandi atleti; quel marchio è un simbolo magico, l’ingrediente segreto capace di mettere le ali ai suoi piedi e farla correre veloce, quasi fino a volare.

E così Rhea vince: i 400 metri, poi gli 800, infine i 1500, conquistando tre medaglie d’oro.
Il suo allenatore posta le foto dei piedi incerottati sui social e, immediatamente, quelle immagini diventano virali.
Lui ci tiene a spiegare che la squadra aveva a disposizione solo due paia di scarpe da corsa, non abbastanza per tutti gli atleti del team, che sono circa una dozzina. E dice anche che proprio la stessa Rhea ha preferito correre scalza, per scelta, come quasi tutti gli altri suoi compagni, tanto che il team è stato ribattezzato “I corridori scalzi”.

Dopo che questa storia ha cominciato a circolare, per primo un negozio di articoli sportivi di Iloilo, la cittadina dove si sono svolte le gare, ha regalato a Rhea un paio di Nike vere, delle calze e un borsone sportivo. La stessa offerta è arrivata da centinaia di utenti social che si sono attivati per equipaggiare tutti gli altri atleti del team.

Quindi adesso Rhea non è più bendata, ma dea è rimasta comunque, perché è riuscita a commuovere il mondo intero e a diventare un mito.
Chissà se avrà un futuro da campionessa…
Chissà se ancora correrà, ora che avrà probabilmente a disposizione centinaia di paia di scarpe…
Una grande ed imperitura vittoria, però, di quelle che non si premiano con medaglie né con coppe, l’ha comunque ottenuta: ha vinto la vergogna, i pregiudizi, il timore d’essere irrisa, e con la spontaneità, la genuinità, l’entusiasmo dei suoi pochi anni ha dato all’umanità intera una grande lezione di consapevolezza e dignità.

 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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