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I paradisi fiscali sono più vicini a noi di quanto ci immaginiamo. Se poter aggirare agevolmente il Fisco sembra una prassi di mondi lontani, con legislazioni nazionali blande o inesistenti, in realtà anche a due passi dall’Italia esistono territori in cui l’evasione fiscale è semplice e tutto sommato ammessa, o quantomeno tollerata.
L’Unione europea ha creato nel 2017 una vera e propria black list che contiene l’elenco di tutti quei Paesi che non hanno rispettato gli impegni per la governance fiscale o che proprio si sono rifiutati di assumerli. Questa lista viene sempre aggiornata due volte l’anno, a febbraio e a ottobre.
Nell’ultimo aggiornamento, sono comparsi ben 11 nuovi Paesi:
Le caratteristiche dei paradisi fiscali sono state identificate dall’OCSE già nel 1998:
Esiste poi anche una lista grigia che comprende i Paesi che si sono impegnati a fare riforme per adeguarsi agli standard Ue ma che ancora non li rispettano pienamente. Ecco le new entry di febbraio 2025:
Con questi Stati l’Ue e i suoi membri non sono certo morbidi: infatti possono applicare – recita la legge – “misure di difesa efficaci e proporzionate, tanto nel settore fiscale quanto in quello non fiscale, nei confronti delle giurisdizioni non cooperative, fino a quando queste figurino nella lista”.
Noterete però che in questi elenchi non compare nessun Paese europeo. Il motivo è semplice: nella black list dell’Europa i Paesi Ue proprio non ci entrano, perché fa riferimento solo ed esclusivamente a Stati extra-europei.
Una mancanza (voluta) particolarmente grave, che ovviamente non certifica che sul territorio Ue tutti siano in regola, anzi. In pratica, i criteri applicati ai Paesi extra-Ue non valgono per gli Stati membri, motivo per cui organizzazioni internazionali come Oxfam bollano la lista come inefficace e chiedono da tempo regole più severe.
Il Parlamento di Strasburgo ha provato a intervenire a più riprese su questa “anomalia”, ma senza successo. La Commissione da anni descrive i regimi fiscali di questi Paesi come “aggressivi”, ma nulla cambia nonostante si continui a parlare di veri e propri “buchi neri fiscali”, che arrivano non solo a sottrarre ingenti risorse, ma anche a causare danni gravissimi, soprattutto sul piano della concorrenza e della trasparenza.
Per dare un numero, si stima una perdita di gettito compresa tra i 50 e i 70 miliardi di euro: 50 miliardi circa vengono evasi dalle persone fisiche che portano la residenza all’estero, 65 miliardi invece è quanto “si perde” con l’Iva transfrontaliera.
Ma quali sono i Paesi europei catalogati come “buchi neri” pur non potendo essere inseriti nella lista nera? Eccoli: