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Ritorno a teatro

Autore: Ester Annetta
Il ritorno all’agognata normalità si muove a passi lenti e calibrati nel mondo dei cinema, dei teatri e dell’intrattenimento in genere, settori che della chiusura imposta dalla pandemia hanno sofferto forse più di qualunque altro.

La cautela richiesta è tanta, specie in vista della ripresa della programmazione nei luoghi chiusi: sinora le arene, i drive-in e le rappresentazioni all’aperto hanno consentito di rispettare in maniera efficace gli obblighi imposti dalla normativa di contenimento dei contagi, favorendo, tra l’altro - ed in maniera del tutto inattesa - la piacevole riscoperta di formule divenute col tempo desuete.

Qualcosa si è perso però, inevitabilmente, e vi si pensa con nostalgia quando si torna in luoghi rimasti a lungo vuoti e silenziosi.

Al Globe Theatre Silvano Toti di Roma manca il bar esterno con i suoi tavolini; manca il chioschetto dove si potevano noleggiare i cuscini per migliorare il confort delle scomodissime panche delle balconate; manca il parterre disordinato e variopinto dove si accalcavano giovani affamati di cultura ma dalle tasche sguarnite.

I posti sono rigorosamente distanziati; solo ai congiunti (a gruppi di due o tre al massimo) è consentito sedersi vicino; il termometro elettronico e l’autocertificazione Covid accolgono il pubblico ancor prima della maschera che controlla i biglietti, e le entrate e le uscite sono regimentate con rigore quasi militare.

Quella severità, quelle cautele, rendono l’atmosfera pre-spettacolo rigida e pesante, come se il rispetto delle norme avesse inconsciamente imposto di contenere anche l’entusiasmo e le emozioni.

Poi lo spettacolo inizia e va avanti filato, tutto d’un fiato, senza intervalli – nonostante la notoria lunghezza delle opere sheakespeariane – per evitare che le pause diventino occasioni di assembramento, confusione, scarsa attenzione al distanziamento.

Va in scena “La dodicesima notte (o quel che volete)”, una delle commedie più delicate del Bardo, un inno a ciò che questo periodo di chiusura forzata ha mortificato più d’ogni altra cosa: il tempo.

La notte cui allude è quella dell’Epifania, la dodicesima, appunto, a partire da Natale. Ma essa non è altro che il finale, l’epilogo di una serie di vicende che si dipanano nel corso di quel breve periodo, precipitando, avvolgendosi l’una con l’altra, dettando il ritmo di una fretta che vuole arrivare a rapide conclusioni.

Dodici sedie, spostate al ritmo di uno stacco musicale animato accompagnato da movimenti ripetuti al sincrono, segnano la scansione di quel tempo, il passaggio di quelle dodici notti, fungendo perciò da calendario ma anche da cambio di scena su un palco dalla scenografia minimalista, dove solo pochi elementi bastano a connotare personaggi, luoghi e situazioni.

Ambientata nell'antica regione balcanica dell'Illiria, “La dodicesima notte” racconta un intreccio di amori e di inganni che si srotola su due piani: da una parte c’è la storia dei gemelli Viola e Sebastiano, separati da un naufragio nel quale l’una crede che l’altro abbia trovato la morte. Sbarcata in Illiria, la giovane, travestitasi da uomo, entra col falso nome di Cesario al servizio del Duca Orsino, di cui si innamora. È però costretta a sopportare la beffa di corteggiare, per suo conto, la Contessa Olivia che, invece, è proprio di Viola-Cesario che si innamora a sua volta.

La ricomparsa di Sebastiano creerà inevitabili equivoci, destinati tuttavia a risolversi in un gioioso lieto fine. Ad un livello inferiore, si svolge un’altra trama, dai connotati meno drammatici e più comici, in cui sono coinvolti gli abitanti della dimora della Contessa Olivia: il maggiordomo Malvolio è segretamente innamorato della sua padrona e, perciò, diventa vittima di un crudele scherzo ordito ai suoi danni dal “matto” Feste – il giullare della contessa - la scaltra serva Maria, lo zio beone di Olivia - Sir Tobia- e lo stupido suo amico, Sir Andrea, anch’egli pretendente della dama. I quattro, falsificando una lettera della contessa, ingannano Malvolio facendogli credere d’essere oggetto delle sue attenzioni.

Si tratta di personaggi secondari, ma graziosi e divertenti, che - a ben vedere – fungono da cliché, incarnano tipi, e portano perciò sulla scena altrettanti caratteri, svestendosi perciò della loro specifica identità per divenire modelli.

Non ci sono dunque magie o incantesimi come nel “Sogno di una notte di mezza estate”, ma solo un raffinato intreccio di equivoci e amore, con un delicato accenno anche all’amore omosessuale, quello che Antonio - il capitano di vascello - rivela per Sebastiano, quando, alla vigilia della partenza di questi per la corte di Orsino, chiede: «Se non vuoi assassinarmi per l'amore che ti porto, lasciami farti da servo.»

Il ritmo del racconto cresce velocemente, divenendo sempre più serrato nello scorrere di quel tempo, di quelle dodici notti, fino a giungere al gran finale, in cui coppie ed equilibri si ricompongono a formare il giusto abbinamento, dando vita ad una festa allegra in cui tutti i personaggi sono presenti e, finalmente, si avvicinano e si toccano, come se avessero voluto affidare a quel gioco del distanziarsi e del ritrovarsi la metafora di questo nostro presente.

La dodicesima notte (o quel che volete), di W. Sheakespeare
con: Claudio Benvenuti, Roberto Mantovani, Carlo Ragone, Carlotta Proietti
regia di Loredana Scaramella
Globe Theatre Silvano Toti – Largo Aqua Felix – Villa Borghese, Roma
dall’11/09/2020 al 27/09/2020
biglietti da Euro 11,50
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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