23 novembre 2019

Scuola di vita

Autore: Ester Annetta
Capita che una mattina, al ritorno da una gita scolastica, un bimbo di colore, disabile, salga su un autobus di linea insieme ai compagni di classe ed alle maestre, e si sieda accanto ad una donna.
Lei non è una di quelle vecchiette inasprite dalla vita o cui l’età ha compromesso consapevolezza e coscienza al punto d’averle private dei freni inibitori; è, invece, una signora di mezza età, ben presente a se stessa, che, con un moto di stizza, chiede alle maestre: “Me lo potete togliere?”, quasi fosse un’erbaccia, una zecca, un cancro da estirpare.
E non perché è disabile, evidentemente; poco prima aveva infatti esclamato: “Poi non pagano nemmeno il biglietto!”, a voler sottolineare che ci sono tipologie umane – anzi, diciamola tutta, razze – che a priori sono giudicate disoneste, colpevoli, ignobili.

Per una questione… “di pelle”.

Le maestre prontamente intervengono, invitando la donna a cambiare, lei, di posto, perché merita di stare da sola – le dicono - in un mondo in cui tutti dovrebbero avere gli stessi diritti.
Ma quella gradassa continua a non capire, credendo anzi che le sia stata lanciata una sfida, tanto che, prima di scendere, replica con supponenza: “Non mi hai fatto paura”.

Capita, ancora, che qualcuno speculi sulla falsa (per fortuna!) notizia che una scuola dell’infanzia marchigiana abbia annullato la recita di Natale per non offendere gli alunni di altre religioni. L’intento probabilmente era, ancora una volta, quello di rimarcare i condizionamenti anche indiretti che popolazioni di altre religioni – anzi, diciamola tutta pure qui, razze – sono in grado di imprimere persino alle nostre tradizioni.
Stavolta è stata la stessa dirigente scolastica a smentire prontamente l’attentato denigratorio, diramando un comunicato con cui ha chiarito che “il simbolo della Natività non offende nessuna sensibilità religiosa” e che la sua scuola ha, anzi, “una lunga storia di autentica inclusione interculturale”.

Capita, poi, che su una chat di mamme di classe qualcuna scriva che a scuola si è parlato “di quello che succede alla signora Segre” e che l’insegnante abbia assegnato una ricerca da fare; solo che sul diario della propria figlia non si capisce bene cosa ci sia scritto e, perciò, la solerte madre chiede conferma alle altre se è possibile che il titolo della ricerca sia “il diario di Anna Falchi”1.

E qui, purtroppo, non c’è alcun insegnante né dirigente che possa intervenire.
L’incauta madre resta esposta al pubblico ludibrio, facile bersaglio di tanti che non è detto siano poi tanto più colti di lei.

Ignoranza; raggiro; oblio.

C’è da avere paura.

Siamo al cospetto dei più temibili nemici della nostra attuale società, gli ordigni che minano il progresso del nostro pensiero e che ci rendono inconsapevolmente vittime di affabulatori e loro prigionieri.

Siamo animali ormai inselvatichiti, sempre più prede di istinti e di fugaci bisogni, gazze ammaliate dal luccichio di ciò che brilla solo in superficie, sempre più lontani dalla verità, noi stessi per primi complici della nostra miopia, colpevoli e indifendibili.

In un panorama culturale così deprimente, dove l’aspirazione massima non pare più essere quella di “seguir virtute e canoscenza” ma, piuttosto, quella di abbandonarsi “a viver come bruti”, dove la sostanza si immola all’apparenza e dove si cercano guadagni più con l’azzardo che non con l’ingegno, ecco allora che rincuorano e consolano i gesti superstiti e residui di coraggio e di difesa dei valori basilari, specie laddove l’oltraggio osi oltremisura, non risparmiando neppure i bambini.

E commuove, perciò, il gesto di quel giovane professore, Niccolò Pagani, che sfruttando sapientemente la breve scia di luce datagli dalla sua improvvisa notorietà, ha voluto lanciare un messaggio solenne e potente a chiunque abbia avuto orecchi per intendere.

Niccolò, supercampione tra i più amati del “L’Eredità” (la trasmissione condotta da Flavio Insinna che va in onda nella fascia preserale di Rai Uno), dopo aver collezionato una sequenza di vittorie (17 in tutto) “senza portafoglio” – poiché non è mai riuscito (volutamente?) ad aggiudicarsi il montepremi finale – ha deciso inaspettatamente di lasciare il programma.

Lui, che è bello, colto, giovane e ha il sogno di comprare una casa tutta sua - cosicché il premio della vincita gli avrebbe fatto sicuramente comodo - ha però una missione e un’ideale ben più grandi della eterea fama che può procurargli un quiz televisivo.

Niccolò è un insegnante di italiano, storia e geografia presso la Scuola Media dell’Istituto dei Salesiani Don Bosco di San Benigno Canavese, un paesino di seimila anime in provincia di Torino, ed ai suoi ragazzi, alle sue pecorelle, è voluto tornare, richiamato dal suo nobile compito, quello di nutrire menti ed anime, come ogni insegnante dovrebbe saper fare.

Lo ha fatto con una lettera, letta nel corso della trasmissione, per essere certo che il suo messaggio fosse chiaro e potesse andare a segno, varcare le soglie delle case di tutti gli italiani che ogni sera guardano la tv e parlare alle loro coscienze.

“Come professore sto tornando sulla strada maestra, quella prediletta. Perché, in fondo, il mio posto è là, tra i miei ragazzi: ogni mattina in prima linea nella missione quotidiana dell’educazione e dell’onestà. Dimostrando ai giovani, anche grazie a questo programma, che la gentilezza vince sulla violenza, la cultura vince sull’ignoranza, il sorriso sconfigge la rabbia e l’ironia batte l’odio; insegnando loro a non impugnare i coltelli ma i libri, a sostituire gli spintoni con gli abbracci. Soprattutto questo è il compito preziosissimo e fragile della scuola. E come ogni creatura fragile anche la scuola va protetta e curata. Per questo starò sempre dalla parte di tutti quegli insegnanti, preparati e costanti, che ogni giorno con amore fanno questo mestiere”.

Capita che ancora oggi ci sia chi crede nella missione della scuola e riconosca la cultura come strumento per combattere l’odio e il pregiudizio.

Capita che ci siano ancora persone esemplari devote a grandi ideali, capaci di riconoscere gli inganni del potere e pronte a rinunciare alla loro soddisfazione personale per direzionarsi verso un fine ben più nobile ed utile alla collettività.

Capita che, su un palcoscenico senza troppe pretese, la regia improvvisamente cambi, per qualche minuto appena, quanto basta per trafiggere, inaspettatamente, le menti ed i cuori di un grande pubblico.

Il campione ha lasciato “l’Eredità”, ma c’è da sperare che a quel pubblico - agli italiani - ne abbia lasciata una ancora maggiore.

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1Il riferimento è alla puntata del 15 novembre scorso della trasmissione “Propaganda Live”, condotta da Diego Bianchi. Il presentatore ha riportato come di consueto la top ten dei post più assurdi rinvenuti sui social, assegnando il primo posto a quello qui citato, segnalato dal noto blogger “Signor Distruggere”.
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