23 maggio 2018

ODCEC Roma: cassazione dice no al terzo mandato

Autore: Ester Annetta
Giunge dopo circa un anno e mezzo la pronuncia della Cassazione sulla questione che, nell’ottobre del 2016, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo degli Ordini territoriali, era stata sollevata dalle liste “PASSIONE ETICA COMPETENZA” capitanata da Daniela Saitta e “PROFESSIONE LIBERA” guidata da Federico de Stasio avverso la candidatura della lista “IMPEGNO PER LA PROFESSIONE” capitanata da Mario Civetta, risultata poi vincitrice della competizione elettorale.

Come si ricorderà (cfr. Fiscal Focus del 26 ottobre 2016: “Elezioni Ordini: a Roma, le liste Saitta e De Stasio presentano reclamo contro Civetta”), contestando l’idoneità della candidatura di Mario Civetta a Presidente dell’Ordine, avendo già egli rivestito sia la carica di Consigliere che di Vicepresidente nelle due precedenti Consiliature, i componenti delle suindicate liste avversarie avevano presentato reclamo al CNDCEC, appellandosi alla previsione contenuta nell’art. 9 comma 9 del D. Lgs. 139/2005, a mente del quale “i Consiglieri dell’Ordine ed il Presidente possono essere eletti per un numero di mandati consecutivi non superiore a due”.

Invero detta norma già in passato aveva dato adito a questioni interpretative: il dubbio era se il limite del doppio mandato da essa disposto fosse da intendersi esclusivamente come preclusione alla reiterazione della stessa carica o – in senso più ampio – come limite numerico, a prescindere dal tipo di mandato che fosse già stato rivestito all’interno del Consiglio dell’Ordine. Intesa in quest’ultimo senso la previsione avrebbe escluso che, essendosi già ricoperto per due volte il ruolo di Presidente, di Vicepresidente o di Consigliere per due mandati di seguito, si potesse ricoprire una carica diversa dalle precedenti nel terzo mandato consecutivo.

Il reclamo, tuttavia, era stato rigettato dal Consiglio Nazionale con decisione del 24 novembre 2016, sulla scorta di una sua precedente determinazione (del 30 gennaio 2015) fondata sulla considerazione che Consiglio dell’Odine e suo Presidente dovessero considerarsi organi diversi e che il limite dei due mandati consecutivi di cui all’art. 9 comma 9 dovesse ritenersi preclusivo dell’ulteriore svolgimento del mandato esclusivamente all’interno della stessa carica. Di conseguenza – tenendosi pure conto delle diverse modalità elettive della carica di Presidente (eletto dagli iscritti) e di quelle di organi interni al Consiglio (eletti, appunto, al suo stesso interno) – l’aver ricoperto la carica di consigliere per due mandati non avrebbe impedito di ricoprire per altrettanti mandati quella di Presidente.

Tale interpretazione del Consiglio nazionale era stata, peraltro, suffragata - in risposta ad una richiesta appositamente formulata – dal Ministero della Giustizia con una propria nota dell’11 febbraio 2015, con la quale veniva accolta integralmente la ricostruzione prospettata dal Consiglio, ulteriormente avvalorata, tra l’altro, dall’argomentazione secondo cui, dovendosi intendere la previsione dell’art. 9 comma 9 di natura tassativa ed eccezionale, non fosse suscettibile di applicazione analogica a fattispecie non espressamente contemplate.

Contro la decisione del Consiglio Nazionale i componenti della lista Saitta (Ernesto Vetrano, Giuseppe Di Martino, Davide Franco, Alessandro Musaio, Oriana Battistoni, Fabrizio Ricciardi, Sergio Montedoro, Fernando Ciotti e Daniela Saitta) avevano, pertanto, proposto ricorso per Cassazione.

La decisione della Prima Sezione Civile della Suprema Corte è giunta con l’ordinanza n. 12461/18 pubblicata il 21 maggio u.s., che ha riconosciuto fondato il motivo dell’impugnazione dei ricorrenti, accogliendone conseguentemente il ricorso.

Premettendo che nessuna efficacia preclusiva può spiegare la circostanza che la tesi sostenuta dal Consiglio Nazionale nella sua decisione sia stata avallata dalla nota del Ministero della Giustizia dell’11 febbraio 2015 che, benché autorevole, non ha tuttavia natura provvedimentale, la Corte ha bocciato l’orientamento interpretativo fornito dal Consiglio alla previsione contenuta nell’art. 9 comma 9 del D.Lgs. 139/2005 rilevando, viceversa, che già il tenore letterale della norma, in particolare l’uso della congiunzione “ed” tra le parole “i Consiglieri dell’Ordine” e “il Presidente”, accomunando le due cariche in un’unica proposizione, “manifesta chiaramente l’intenzione del legislatore di attribuire rilievo, ai fini della maturazione del numero dei mandati richiesto per la sussistenza dell’ineleggibilità, al mero esercizio delle funzioni di componente del consiglio dell’ordine, e di considerare invece indifferente la circostanza che le stesse siano state svolte in qualità di consigliere o presidente. In quest’ottica, la causa di ineleggibilità è destinata a trovare applicazione, oltre che nel caso di ulteriore candidatura per la medesima carica da parte di un soggetto che abbia già ricoperto per due mandati consecutivi quella di consigliere o di presidente, anche nel caso in cui un soggetto che abbia già ricoperto per due mandati consecutivi la carica di consigliere intenda candidarsi a quella di presidente, o viceversa, nonché nel caso in cui il candidato all’una o all’altra carica le abbia ricoperte entrambe, consecutivamente, nell’ambito delle consiliature immediatamente precedenti.”

La ratio dell’ineleggibilità prevista dal succitato art. 9 comma 9 va peraltro individuata – come ancora si legge nell’ordinanza, che ricalca, così, la motivazione propugnata nel ricorso – nell’esigenza di favorire il ricambio istituzionale nella rappresentanza e nel governo della professione, “in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione e da evitare il manifestarsi di sclerotizzazione delle relative compagini, potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi degli iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l’esercizio della professione, nonché sull’osservanza delle regole deontologiche. Tale esigenza non potrebbe ritenersi soddisfatta qualora, accedendosi all’interpretazione restrittiva fornita dal Consiglio Nazionale, si ritenesse ammissibile da parte di chi ha già ricoperto per due mandati consecutivi la carica di consigliere o quella di presidente o entrambe un’ulteriore candidatura per l’elezione all’altra carica, rendendosi in tal modo possibile una permanenza a tempo indeterminato del medesimo soggetto negli organi di governo dell’Ordine, con conseguente esclusione di altri eventuali aspiranti dall’accesso alle medesime cariche.”

Nell’ordinanza la Cassazione ha, inoltre, preliminarmente escluso l’ammissibilità dell’intervento del Consiglio Nazionale nel giudizio trattato, “in quanto unici portatori di interesse a proporre ricorso ed a contrastare l’impugnazione sono i soggetti destinatari del provvedimento impugnato”, e, dunque i componenti della lista ricorrente ed il Consiglio dell’Ordine di Roma. Il Consiglio Nazionale non ha alcuna legittimazione in quanto terzo (ovvero organo che nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali in materia elettorale, ha emesso la decisione impugnata), non rilevando, in questo contesto, la sua funzione di ente esponenziale degli interessi della categoria professionale né la circostanza che la sua composizione sia destinata ad essere influenzata da quella dei consigli dell’ordine, ai quali è affidata l’elezione dei suoi componenti, configurando, quest’ultima circostanza, un interesse di mero fatto e non un interesse giuridicamente rilevante.

E’, viceversa, certamente innegabile la concreta incidenza che la pronuncia in esame potrebbe avere sulla vita futura del Consiglio Nazionale, la cui stessa permanenza – in finale - potrebbe risultarne profondamente minata.

Difatti, al di là degli immediati riflessi che la decisione comporta sulle sorti del Consiglio dell’Ordine di Roma e, in specie, su quelle del suo Presidente (sulle quali dovrà pronunciarsi il Consiglio Nazionale, cui l’ordinanza della Cassazione ha rinviato affinché provveda), il rischio più consistente è, sotto un profilo squisitamente politico, il riflesso che essa avrà sui numerosi altri Ordini che, in sede di elezioni per il loro rinnovo, si sono trovati nelle stesse condizioni dell’Ordine capitolino circa la ricorrenza di doppi mandati.

La pronuncia della Cassazione, infatti – non certamente sotto un profilo strettamente giurisdizionale, non essendo più possibile la proposizione di nuovi ricorsi, ma unicamente facendo leva sugli aspetti politici della vicenda – potrebbe innescare un vero e proprio effetto domino che potrebbe arrivare fino alla invalidazione dell’elezione dello stesso vertice nazionale, in quanto eletto da Ordini territoriali a loro volta invalidamente eletti.

Dal canto suo, il Presidente dell’ODCEC di Roma, Mario Civetta, riguardo alla propria candidatura, ribadisce – come già sostenuto nel 2016, nel corso delle vicende elettorali – di essersi “conformato all’indirizzo indicato ala Consiglio Nazionale ed al parere conforme espresso dal Ministero della Giustizia, come peraltro hanno fatto numerosi altri Ordini territoriali.” Bisognerà dunque attendere il provvedimento che il Consiglio Nazionale vorrà adottare – ha anche aggiunto - sebbene,”in questa circostanza, considerato che, dal punto di vista politico, il coinvolgimento riguarda altri Ordini, sarebbe importante capire anche quale sia la loro posizione in merito”.
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