9 febbraio 2018

Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e Comuni uniti nella lotta all’evasione

Autore: ESTER ANNETTA

Che la lotta all’evasione debba essere combattuta su più livelli, coinvolgendo tutti gli attori partecipi dell’attività di riscossione dei tributi, e, dunque, rilevanti sia a livello locale che nazionale, è un’intuizione che il legislatore aveva già avuto tempo addietro, quando, con l’art. 44 del DPR 29/09/1973 n. 600 dispose che “i comuni partecipano all'accertamento dei redditi delle persone fisiche” ed all’uopo “Il comune di domicilio fiscale del contribuente segnala all'Agenzia delle entrate qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche (…), indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla”.

Detta previsione ha poi trovato più ampia e concreta attuazione con successivi interventi normativi (da ultimo con il D.L. 203/2015, convertito dalla L. 248/205, nel cui art. 1 si trova l’espressa previsione: “Per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, in attuazione dei principi di economicità', efficienza e collaborazione amministrativa, la partecipazione dei comuni all'accertamento fiscale e contributivo è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 33 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento stesso.”) e regolamentari (il predetto Decreto ha rinviato, difatti, ad un successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate per l’indicazione delle specifiche tecniche relative alle modalità di partecipazione dei Comuni all'accertamento fiscale e contributivo di cui sopra).

Sempre nella stessa direzione, al rapporto tra Comuni ed Agenzia delle Entrate si aggiunge, inoltre, quello tra quest’ultima e la Guardia di Finanza, anch’esso datato di diversi anni e basato sulla condivisione delle rispettive banche dati.

Nell’attività di scambio di informazioni rilevanti ai fini dell’individuazione di condotte fiscali irregolari, i Comuni concorrono con l’apporto di segnalazioni di comportamenti evasivi rilevati nei loro territori, grazie proprio alla maggior vicinanza loro consentita – come istituzioni locali – alle realtà territoriali che gestiscono ed alle attività, sia professionali che commerciali, in esse operanti. La loro conoscenza del territorio e degli innumerevoli atti amministrativi che ogni cittadino è chiamato a effettuare presso i loro uffici li rende, infatti, più direttamente informati dell’esistenza di situazioni da cui possono scaturire fenomeni evasori.

Del resto, conti alla mano, il coinvolgimento dei Comuni nelle azioni suddette ha portato a risultati di notevole successo: i dati diffusi in questi anni dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dell’Interno rilevano che tra febbraio 2009 e luglio 2017 sono state trasmesse oltre 94mila segnalazioni da più di mille Comuni; di queste segnalazioni, circa 17mila si sono tradotte in atti di accertamento con un recupero di oltre 346 milioni di euro di maggior imposte accertate; negli anni dal 2013 al 2015, le spettanze erogate ai Comuni in virtù del loro apporto sono state complessivamente 56.898.195,50 euro.

E’ dunque in questa cornice di fruttuosa cooperazione che si colloca il protocollo d’intesa nazionale, a valenza triennale, appena siglato tra Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) e Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale), con il quale, uniformando il coinvolgimento dei Comuni nell’attività di controllo sui loro territori grazie a strumenti ed azioni che possano supportarla e migliorarla, li rende di fatto ancora più saldamente partecipi all’attività di accertamento dei tributi erariali.

Come si legge nel comunicato congiunto con cui è stata resa nota la sottoscrizione del documento da parte degli Enti partecipanti, “Segnalazioni qualificate, formazione mirata con l’utilizzo delle best practice e delle nuove tecnologie, rafforzamento della rete dei referenti a livello territoriale che lavoreranno in sinergia in ogni fase del processo, coordinamento e indirizzo strategico-operativo da parte del gruppo di lavoro” ne costituiscono i punti chiave.

Due, quindi, sono i motori trainanti di tale azione congiunta: la qualità delle segnalazioni e la sinergia tra gli attori.

Il primo – la qualità delle segnalazioni – deve essere avviato con l’impiego di un adeguato piano formativo che contempli la definizione di una check list di fatti, elementi e informazioni che aiutino a predisporre segnalazioni qualificate direttamente utilizzabili nonchè la diffusione e l’implementazione di buone pratiche atte a migliorare le procedure di selezione e di analisi per una corretta elaborazione dei profili e dei comportamenti a rischio o potenzialmente elusivi o evasivi. Fondamentale il rafforzamento del gruppo di lavoro - costituito da componenti di tutti gli enti firmatari del protocollo – che, incontrandosi periodicamente elaborerà le linee guida necessarie alla realizzazione degli obiettivi fissati con il protocollo.

Il secondo – la sinergia – deve essere la linea di lavoro su cui deve basarsi l’azione degli attori, e, dunque dovrà constare del coordinamento delle loro attività, dello scambio di informazioni, del continuo confronto.
Sui positivi risultati realizzabili attraverso un così convincente lavoro di squadra, molto si confida nel contesto sempre più elaborato di strategie dirette alla tutela della legalità.

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