4 gennaio 2019

Garante della privacy: divieto di gogna sul posto di lavoro

Autore: Salvatore Cortese
L’utilizzo di faccine e punteggi associati ai volti dei lavoratori nella bacheca aziendale per valutare l’attività dei propri dipendenti è illecito perché lede la loro dignità, la loro libertà e la loro riservatezza.

È quanto stabilito dal Garante della privacy, che ha vietato ad un’azienda di proseguire il trattamento dei dati dei propri dipendenti.
La vicenda è stata riportata nella Newsletter n. 448, pubblicata in data 21 dicembre 2018.

Si legge nella pubblicazione che una cooperativa toscana, operante nel settore della logistica (pulizie, facchinaggio, traslochi), aveva adottato un sistema di “Faccine” e punteggi associati ai volti dei lavoratori allo scopo di valutare l’attività svolta da quest’ultimi.

In pratica, ogni settimana la cooperativa affiggeva nella bacheca aziendale un cartello nel quale i volti dei dipendenti erano associati a emoticon (Faccine) che rappresentavano i giudizi, positivi o negativi, espressi dalla cooperativa. Nella bacheca erano affisse anche le eventuali contestazioni disciplinari.

Una sorta di pubblica gogna (correlata ad una riduzione dello stipendio) spettava, dunque, a coloro che avessero conseguito un basso punteggio.
Dagli accertamenti avviati dall’Autorità su segnalazione di alcuni lavoratori è emerso, infatti, che la cooperativa aveva messo in atto una sorta di “concorso a premi” obbligatorio per i lavoratori, con relativo prelievo mensile dalla busta paga della quota di partecipazione, e pubblicava nella bacheca aziendale le valutazioni settimanali sull’attività di ciascun dipendente, cui corrispondevano l’attribuzione di un punteggio valido per il concorso, nonché le eventuali contestazioni disciplinari.

Le valutazioni - espresse con sei diverse tipologie di emoticon e con giudizi sintetici quali “assenteismo”, “simulazione malattia”, “perdita di lavoro causa scarso servizio o danni”, oppure l’espressione “licenziato” - comparivano accanto alle foto dei dipendenti individuati con cognome e iniziale del nome.

Una valutazione negativa avrebbe comportato una decurtazione dallo stipendio.

Ebbene, un tale uso dei dati personali dei lavoratori è illecito perché lede la loro dignità, la loro libertà e la loro riservatezza.

In conclusione, il Garante, oltre a disporre il divieto ha ricordato che “il datore di lavoro può trattare le informazioni necessarie e pertinenti per la gestione del rapporto di lavoro in base a quanto previsto dalle leggi, dai regolamenti, dai contratti collettivi e dal contratto di lavoro individuale.
Tra questi rientrano senza dubbio i dati necessari ad effettuare la valutazione sul corretto adempimento della prestazione lavorativa e ad esercitare il potere disciplinare nei modi e nei limiti previsti dalla disciplina di settore. Ma non certo la sistematica messa a disposizione sulla bacheca aziendale delle valutazioni e dei rilievi disciplinari a tutti i dipendenti e ad eventuali visitatori, tutti soggetti non legittimati a conoscere questo tipo di informazioni, peraltro prima della conclusione del procedimento e in assenza di eventuali repliche degli interessati”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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