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Nell’attuale scenario digitale, la questione relativa al controllo da parte del datore di lavoro sull’uso delle app di messaggistica istantanea (come WhatsApp, sia su dispositivi aziendali che personali) e dei social network (come Facebook e Instagram) si configura come un'area di indagine di crescente complessità e attualità.
Nel contesto del rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro è titolare di tre poteri tipici:
Egli ha facoltà di impartire istruzioni sull’organizzazione e sull’esecuzione della prestazione lavorativa, di verificare l’osservanza delle disposizioni impartite, nonché di irrogare sanzioni disciplinari in caso di violazione, al fine di garantire il corretto funzionamento e l’ordine all’interno dell’impresa.
Il potere direttivo si configura quale prerogativa essenziale del datore di lavoro, in virtù del vincolo di subordinazione, e consiste nella facoltà di emanare disposizioni vincolanti per il prestatore al fine di garantire l'organizzazione, l'esecuzione e la disciplina dell'attività lavorativa.
⇒Tale potere trova il suo fondamento primario nell'articolo 2104 del Codice Civile (diligenza del prestatore di lavoro) e nel principio di libertà di iniziativa economica privata sancito dall'articolo 41 della Costituzione.
L'esercizio del potere direttivo può avvenire in modo diretto da parte dell'imprenditore o delegato attraverso i suoi collaboratori che rivestono una posizione gerarchica superiore rispetto al lavoratore.
Come ogni altro potere aziendale, anche quello direttivo non è illimitato, ma incontra precisi confini normativi e principi generali, tra cui:
Nello specifico ambito operativo, il potere direttivo include la facoltà di:
Il potere disciplinare costituisce l'espressione dello ius puniendi privato dell'imprenditore, finalizzato a sanzionare l'inosservanza, da parte del lavoratore, dei doveri fondamentali di:
Tale potestà trova il suo fondamento primario nell'art. 2106 c.c. e la sua disciplina di dettaglio nell' art. 7 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), norma che ne definisce i limiti procedurali a tutela della dignità del prestatore.
La validità di qualsiasi sanzione è subordinata al rispetto del principio del giusto procedimento, che impone:
Le sanzioni si distinguono in base alla loro natura:
Il corretto adempimento delle formalità procedurali e il rispetto del principio di proporzionalità sono condizioni imprescindibili per la legittimità della sanzione in sede di contenzioso.
Il potere di controllo si configura come una diretta estensione delle facoltà direttive e organizzative riconosciute al datore di lavoro. Non si tratta soltanto di sindacare la diligenza e l'esattezza della prestazione del lavoratore (art. 2104 c.c.), ma anche di adempiere al dovere di tutela del patrimonio aziendale e di prevenzione degli illeciti (come infedeltà, frodi o danneggiamenti).
Se il caposquadra non potesse verificare in tempo reale le fasi di una complessa operazione di assemblaggio, non avrebbe la possibilità di coordinare ed eventuale modificare il lavoro dei singoli operai.
L'esercizio di tale potere può manifestarsi in modo diretto o essere delegato a figure gerarchicamente sovraordinate (dirigenti, preposti). Per la validità e la legittimità delle azioni di vigilanza, è imprescindibile la trasparenza verso i dipendenti.
A seconda della finalità e della forma del controllo però, sono previsti limiti diversi dalla legge, a tutela della libertà e della dignità del lavoratore.
Tutela della Persona Cost. e Art. 4, comma 1, L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).
L'attività di controllo deve sempre essere esercitata garantendo l'assoluto rispetto della dignità, libertà e riservatezza personale del dipendente.
Principi Comportamentali Art. 1175 Codice Civile e Art. 2104 Codice Civile.Obbligo del datore di attenersi ai canoni di buona fede e correttezza nell'esercizio di tutti i poteri datoriali.
Divieto di Discriminazione Art. 15 L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).
Esclusione categorica di qualsiasi forma di controllo o provvedimento che possa tradursi in un atto di discriminazione basato su motivi vietati dalla legge.
Salute e Sicurezza D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza).
Il controllo deve essere compatibile con le norme che garantiscono l'integrità psicofisica del lavoratore e la salubrità dell'ambiente
Il quadro normativo di riferimento è fissato dal Titolo I dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), che, in particolare con l’art. 3, regolamenta le funzioni del personale di vigilanza.
Il campo di applicazione del controllo datoriale è rigorosamente circoscritto per evitare ingerenze nella sfera privata del dipendente. L'intervento di vigilanza deve essere finalizzato esclusivamente a sanzionare o prevenire condotte integranti violazioni del patrimonio aziendale o comportamenti illeciti del lavoratore, i quali possano esporre l’impresa a potenziali responsabilità penali o patrimoniali.
In nessun caso, il controllo può degenerare in una sorveglianza generalizzata e indiscriminata dell’ordinaria attività lavorativa.
Questa posizione è stata puntualmente rafforzata dalla giurisprudenza di legittimità (es. Cass. 13789/2011 e n. 20440/2015) che ha delineato i confini del cosiddetto "controllo difensivo". Secondo tale orientamento, il ricorso a investigatori privati – figure terze ed estranee all’organizzazione – è ammissibile unicamente in presenza di fondati sospetti circa la commissione di illeciti da parte del lavoratore. Lo scopo di tali controlli deve essere quello di verificare comportamenti che, andando oltre una semplice inadempienza agli obblighi contrattuali, risultino effettivamente dannosi o potenzialmente pericolosi per l’azienda. In altri termini, il controllo è giustificato solo laddove le condotte del lavoratore assumano una rilevanza tale da poter arrecare un pregiudizio concreto agli interessi datoriali.
Disciplina delle Guardie Giurate (Art. 2 Stat. Lav)
L’articolo 4, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) è la norma cardine che regola l’uso da parte del datore di lavoro di strumenti di controllo a distanza, come telecamere e sistemi informatici in grado di monitorare l’attività dei dipendenti.
Quando è consentito installare sistemi di controllo a distanza?
L’installazione di questi strumenti non è libera, ma è ammessa solo se rispondente a esigenze aziendali specifiche, che il legislatore ha indicato in modo tassativo:
Il datore di lavoro che intende installare sistemi di controllo a distanza deve seguire un iter rigoroso:
È fondamentale che la richiesta di autorizzazione all'ITL sia adeguatamente motivata, specificando le esigenze giustificatrici e se mossa da esigenze di sicurezza, corredata di estratti pertinenti del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
Indipendentemente dalla legittimità dell'installazione, sussiste l'obbligo di fornire ai lavoratori una trasparente informativa preventiva sulle modalità di funzionamento degli impianti e sulle caratteristiche dei controlli.
Inoltre, il trattamento dei dati (immagini, informazioni) raccolti deve sottostare ai principi del GDPR (Regolamento UE 679/2016), garantendo che i dati siano trattati per finalità determinate, esplicite e legittime, e con modalità strettamente proporzionate e pertinenti agli scopi dichiarati. à Il datore di lavoro, in qualità di Titolare del Trattamento, deve adottare misure tecniche e organizzative idonee a garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni.
L'uso promiscuo di dispositivi, la messaggistica istantanea (WhatsApp, Telegram) e la presenza diffusa sui social network (Facebook, Instagram) hanno radicalmente trasformato il perimetro dei poteri datoriali di controllo.
Il cuore della questione risiede nella distinzione tra controllo sull'attività lavorativa (tendenzialmente vietato o rigorosamente limitato) e controllo sugli strumenti di lavoro (permesso a specifiche condizioni, art. 4, comma 2, Stat. Lav.) o controlli difensivi (ammessi in presenza di sospetti fondati di illecito).
La piattaforma di messaggistica istantanea richiede pertanto un approccio binario, basato sulla proprietà del dispositivo e sulla destinazione d'uso:
| WhatsApp Aziendale (Dispositivo Aziendale) |
L'account WhatsApp installato su uno smartphone o tablet fornito dall'azienda per l'esecuzione della prestazione rientra pacificamente tra gli "strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa" (art. 4, co. 2, Stat. Lav.). Legittimità del Controllo: Il controllo è consentito a condizione che:
Controlli di tipo Difensivo: le conversazioni su WhatsApp aziendale possono essere utilizzate a fini disciplinari (es. per contestare comportamenti infedeli o lesivi) se il controllo è mirato e volto a tutelare il patrimonio aziendale da condotte illecite già poste in essere (c.d. controlli difensivi postumi), purché sia stata data l'informativa preventiva. La giurisprudenza di legittimità ha confermato l'utilizzabilità delle risultanze in giudizio. |
| WhatsApp Personale (Dispositivo Privato) |
L'accesso da parte del datore di lavoro a un account WhatsApp personale (su dispositivo privato o, seppure su device aziendale, per comunicazioni chiaramente private) è in linea di principio vietato.
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Se il dispositivo aziendale viene usato anche per scopi personali, è fondamentale che il datore preveda policy interne trasparenti che disciplinino:
Il lavoratore deve essere adeguatamente informato. Restano comunque vietati controlli generalizzati o sistematici sulle comunicazioni di natura personale.
La problematica dei social network ruota attorno al confine tra sfera pubblica e privata e alla liceità dei controlli occulti.
| Contenuti Pubblicamente Accessibili |
Le informazioni, i post o le immagini che un dipendente decide di pubblicare su un profilo accessibile a tutti (senza restrizioni di privacy) possono essere legittimamente consultate dal datore di lavoro.
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| Contenuti Privati e i Controlli Difensivi Occulti |
Il controllo di profili con impostazioni di privacy restrittive (accessibili solo agli "amici") è più problematico.
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Un’azienda consente ai dipendenti di utilizzare il proprio smartphone aziendale anche per fini personali. Il datore può effettuare controlli sulle chat WhatsApp presenti sul dispositivo? In quali limiti e con quali cautele?
Il datore di lavoro può effettuare controlli sulle applicazioni di messaggistica presenti su dispositivi aziendali solo se sono rispettate precise condizioni:
L’eventuale accesso a contenuti di natura personale (ad esempio chat private WhatsApp su device aziendale) resta vietato, salvo casi di controlli difensivi in presenza di fondati sospetti di illecito e con stretta necessità e proporzionalità nel trattamento.
Se un lavoratore utilizza WhatsApp aziendale per coordinare consegne, l’azienda può visionare la corrispondenza a fini organizzativi, ma non può monitorare le chat private o di gruppo a carattere personale senza una base giuridica specifica e senza rispetto delle garanzie di legge.
Un HR manager scopre che un dipendente, tramite un post pubblico su Facebook, ha diffamato l’azienda con commenti offensivi fuori dall’orario di lavoro. È legittimo utilizzare il post a fini disciplinari?
Sì, il datore di lavoro può legittimamente utilizzare a fini disciplinari contenuti pubblici di un social network se questi ledono il vincolo fiduciario, l’immagine aziendale o violano gli obblighi di fedeltà (art. 2105 c.c.), anche se pubblicati fuori dall’orario di lavoro.
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere legittimo il licenziamento nei casi in cui il comportamento, anche extralavorativo, arrechi pregiudizio concreto all’azienda.
Un’azienda intende consentire ai propri dipendenti l’utilizzo del profilo WhatsApp Business sullo smartphone aziendale anche per comunicazioni personali. Quali avvertenze e policy deve adottare per non incorrere in violazioni della privacy e per garantire la correttezza dei controlli?
L’azienda deve adottare una policy interna chiara che disciplini i limiti e le modalità di utilizzo promiscuo dello strumento aziendale, distinguendo tra dati personali e dati aziendali, informando preventivamente i lavoratori sulle modalità dei controlli e sulle finalità perseguite (art. 4, comma 3, Statuto dei Lavoratori, GDPR art. 13).
Deve essere garantito che i controlli siano proporzionati, non generalizzati o indiscriminati e che siano effettuati solo per finalità organizzative, produttive o di tutela del patrimonio aziendale (art. 4, comma 2, Stat. Lav., Reg. UE 679/2016).
L’accesso a conversazioni di natura personale, anche su device aziendale, resta vietato salvo ipotesi di controlli difensivi in presenza di fondati sospetti di illecito, sempre nel rispetto di necessità e proporzionalità del trattamento.
Dunque, se il dipendente utilizza WhatsApp Business per comunicare con clienti e, saltuariamente, per fini privati, l’azienda può controllare le chat solo in relazione ad esigenze di servizio e non può accedere a messaggi chiaramente personali senza una base giuridica specifica e senza rispetto delle garanzie previste.
(prezzi IVA esclusa)