13 gennaio 2018

Patent box: riscritto il decreto attuativo

Autore: NICOLA SANTANGELO

Marchi fuori dal patent box. È questa, in sintesi, la principale novità del DM 28 novembre 2017 che provvede a riscrivere il precedente decreto attuativo del 30 luglio 2015. Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell'Economia e delle Finanze hanno, così, allineato le disposizioni di attuazione alle modifiche stabilite dal decreto legge 50/2017 che, a sua volta, ha adeguato alle linee guida OCSE la disciplina del regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

Disciplina del regime del patent box - Il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo di taluni beni immateriali (c.d. patent box) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 1, commi da 37 a 45, della Legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) e successivamente modificato dall'articolo 5 del DL 3/2015. Con decreto 30 luglio 2015 sono state adottate le relative disposizioni di attuazione. Una delle modifiche più importanti alla disciplina è stata quella attuata dal DL 50/2017 che ha previsto l'eliminazione dei marchi d'impresa dal novero dei beni immateriali agevolabili ed esteso le disposizioni agevolative ai redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali agevolabili, tra loro collegati da vincoli di complementarietà, finalizzati alla realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi.
La disciplina prevede l'esclusione da imposizione del 50% (a regime) del reddito derivante da intangibles, per cinque periodi d'imposta.

Disciplina OCSE - Il regime opzionale di tassazione agevolata di taluni beni immateriali perde, quindi, una componente importantissima perché l'eliminazione dei marchi d'impresa dal novero dei beni agevolabili non è per nulla irrilevante. Basti pensare che fra tutte le istanze di adesione al patent box presentate precedentemente alle modifiche introdotte dal DL 50/2017, quelle relative ai marchi registrano la percentuale più alta.
Un'occasione da non perdere, quindi, per le imprese le quali dovevano, comunque, affrettarsi a presentare l'istanza. La consapevolezza che i marchi sarebbero usciti presto dal novero dei beni agevolabili era, tutto sommato, diffusa. Il regime del patent box italiano, infatti, è ispirato all'Agreement on Modified Nexus Approach for IP Regimes elaborato dall'OCSE. Più nel dettaglio, il Rapporto finale sull'Action 5 del progetto Base Erosion and Profit Shifting identifica, ai paragrafi da 34 a 38, i beni immateriali ammissibili.

Esclusione dei marchi d'impresa dal patent box - Il regime italiano del patent box si ispira, pertanto, alle indicazioni OCSE seppur con qualche disallineamento, fra cui l'inclusione dei marchi d'impresa nell'elenco dei beni immateriali agevolabili. È per questo che il DL 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96 è intervenuto allineando la disciplina del patent box alle richieste OCSE ed escludendo i marchi dall'applicazione del beneficio. Il comma 4, inoltre, ha disposto che con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze sia corretto il del DM 30/07/2015 recante le disposizioni di attuazione della disciplina del patent box. È, quindi, con la firma del DM 28/11/2017 che Mise e Mef hanno riscritto la disciplina attuativa e stabilite le modalità per effettuare lo scambio spontaneo di informazioni relative alle opzioni esercitate per i marchi d'impresa.

Clausola di grandfathering - Le opzioni per l'applicazione del patent box presentate successivamente al 31 dicembre 2016 non possono più avere ad oggetto i marchi d'impresa. Tuttavia, in base alla clausola di grandfathering di cui all'articolo 13 del decreto, le disposizioni previgenti continuano ad applicarsi, comunque non oltre il 30 giugno 2021, relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2014.

Con la clausola di grandfathering – letteralmente clausola che tutela i diritti acquisiti – è stato regolato il periodo durante il quale è possibile conservare i benefici in base alla disciplina previgente salvaguardando, di fatto, le opzioni sui marchi presentate antecedentemente alle modifiche introdotte. Le opzioni esercitate negli anni 2015 e 2016, pertanto, possono avere ad oggetto i marchi d'impresa. L'opzione è, pertanto, valida e dura cinque periodi d'imposta ovvero, se inferiore, fino al 30 giugno 2021 e non è rinnovabile. I soggetti che hanno esercitato l’opzione avente a oggetto i marchi d’impresa, a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e per ciascun periodo d’imposta di efficacia dell’opzione, devono indicare nella propria dichiarazione dei redditi il numero dei beni a cui l’opzione si riferisce, la classificazione degli stessi e l’ammontare di reddito agevolabile a essi riferibile. Inoltre devono essere indicati i Paesi esteri in cui sono fiscalmente residenti:

  • la società che esercita il controllo sul soggetto che ha esercitato l’opzione;
  • la società che esercita il controllo indiretto sul soggetto che ha esercitato l’opzione che, a sua volta, è controllata esclusivamente dallo Stato o da altri enti pubblici o da persone fisiche ovvero non è controllata da alcun soggetto;
  • le società correlate dalle quali sono stati ricevuti compensi per lo sfruttamento dei marchi d’impresa oggetto dell’opzione.

Due soggetti si considerano correlati quando:
  • uno dei due detiene, direttamente o indirettamente, una percentuale pari almeno al 25% dei diritti di voto o dei diritti patrimoniali nell’altro;
  • un terzo soggetto detiene, direttamente o indirettamente, una percentuale pari almeno al 25% dei diritti di voto o dei diritti patrimoniali in ciascuno degli altri due.

Scambi di informazioni per le opzioni sui marchi - Di rilevante importanza è la disposizione contenuta nell'articolo 14 del decreto rubricato “Scambio di informazioni per le opzioni sui marchi”. È previsto che l'Agenzia delle Entrate comunichi il nominativo dei soggetti che hanno esercitato l'opzione per i marchi d'impresa alle amministrazioni fiscali dei Paesi esteri in cui risiede la controllante del soggetto italiano o in cui hanno sede le società del gruppo che hanno pagato royalties al soggetto italiano. La comunicazione è fatta entro tre mesi dalla ricezione della dichiarazione dei redditi riferita al periodo d'imposta in cui si è beneficiato dell'agevolazione derivante dall'utilizzo dei marchi.
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