3 marzo 2018

RITENUTE OMESSE. IL FALLIMENTO PRIMA DELLA SCADENZA SALVA L’AMMINISTRATORE

Cassazione Penale, sentenza depositata il 2 marzo 2018
Autore: PAOLA MAURO

Se il fallimento della società è dichiarato in epoca precedente alla scadenza del termine ultimo per il versamento delle ritenute, la responsabilità del legale rappresentante per il reato previsto dall’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 è configurabile soltanto in qualità di extraneus, ossia a titolo di concorso con il curatore fallimentare. È quanto emerge dalla sentenza n. 9466/2018 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Bari al legale rappresentante di una S.r.l. in fallimento al quale è stato contestato il reato previsto dall’articolo 10-bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74.

Al legale rappresentante è stata addebitata la condotta di mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta Mod. 770, delle ritenute operate sugli emolumenti risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, per un importo pari a 153 mila euro (periodo d’imposta 2008)
Ebbene, la Difesa ha dedotto con successo l’assenza di responsabilità dell’imputato, posto che la società da lui rappresentata è stata dichiara fallita prima della scadenza del termine annuale per il versamento delle ritenute, e quindi prima della consumazione del reato.
Gli Ermellini hanno ricordato la propria giurisprudenza consolidata secondo cui il reato in questione è istantaneo e si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il pagamento.

«Quanto, poi, alle conseguenze della apertura di una procedura concorsuale sugli obblighi tributari,» - scrivono i Massimi giudici - «si è affermato che avendo il reato carattere istantaneo e, dunque, perfezionandosi alla scadenza del termine di legge, l'ammissione al concordato preventivo della società, in epoca successiva alla scadenza del debito erariale, non elide la responsabilità del rappresentante legale (Sez. 3, n. 3543 del 16/12/2015, dep. 27/01/2016). Tuttavia, con specifico riferimento al caso del fallimento, si è, altresì, osservato che la relativa dichiarazione, con nomina del curatore fallimentare intervenuta prima del termine ultimo per effettuare il versamento Iva, fa sì che il legale rappresentante della società tenuto ad adempiere all'obbligo di versamento, sia identificabile proprio nel curatore fallimentare e non nel precedente amministrato (Sez. 3, n. 5921 del 29/10/2014, dep. 10/02/2015….). Ciò, peraltro, non esclude che nei confronti dell'originario legale rappresentante sia configurabile la possibilità di un concorso di persone nel reato proprio in qualità di extraneus.»

Alla luce di questi rilievi la Suprema Corte ha dichiarato fondato il ricorso, evidenziando come all’imputato sia stata attribuita soltanto una responsabilità diretta, derivante dal fatto di essere il l.r. della società fallita, senza prefigurare un suo concorso quale extraneus nel reato proprio contestato.
Il Collegio di legittimità ha anche rilevato l’estinzione del reato per prescrizione.
La sentenza di condanna, in conclusione, è stata annullata senza rinvio.

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