17 febbraio 2021

Caos – 19: Un solco profondo tra garantiti e non garantiti

Autore: Direttore Antonio Gigliotti
La chiusura improvvisa degli impianti sciistici fa venire in mente quello che scriveva il Censis nel suo ultimo rapporto del 2020: «Nel vortice di milioni di vite trasformate all’improvviso, emerge una frattura fortemente divaricante: il diverso grado di tutela della propria condizione economica sperimentato in questi mesi, una gerarchia delle protezioni del lavoro e dei redditi ridefinita di fatto».

Una frattura confermata persino dal rapporto Eurofound, Living, working and Covid-19, e dal XXII Rapporto del Merfcato del Lavoro e Contrattazione Collettiva 2020 del Cnel.

Nel mondo del lavoro si è assistito ad una spaccatura tra garantiti e non-garantiti, tra dipendenti privati e dipendenti pubblici, tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori con contratto permanente.

Ma all’interno di questa situazione di fragilità e di incertezza, al fianco dei precari e degli indipendenti, troviamo anche decine di migliaia di aziende costrette a boccheggiare Dpcm dopo Dpcm, tra il caos della burocrazia, norme ambigue, ristori irrisori, e scadenze fiscali cui attenersi nonostante la pesante crisi di liquidità che le attanaglia.

Quello di cui l’inadeguatezza della politica non sembra capacitarsi è che non può esserci ripresa senza pianificazione. Ad un anno dalla pandemia, ci sono interi settori (dal commercio al turismo) presi ostaggio dall’improvvisazione della classe dirigente e della burocrazia che si affrettano a rincorrere ciò che non riescono ad afferrare proprio perché non si sono preoccupati di pianificare anzitempo. Un élite che ha terribilmente paura di dire di no quando deve dire di no, ma non si vergogna di dover costringere poi decine di migliaia di imprenditori ad aprire per chiudere.

Imprenditori che nonostante l’improvvisazione della politica saranno comunque costretti a fare i conti con le scadenze del fisco, i fidi delle banche, costi fissi che eccedono i ristori.

Ieri, sempre la burocrazia ha impedito a decine di migliaia di imprese del Sud di aderire al bonus relativo allo sconto del 30% sulla quota a carico del datore di lavoro perché il testo si troverebbe ancora in fase di approvazione alla Commissione Europea.

Nel frattempo, il fisco si prepara ad incassare 6.8 miliardi di euro tra Iva, ritenute, imposte sui redditi, acconti ma anche contributi vari.

Eppure, tutte quelle dichiarazioni sulla ripresa, tutti quelle tavole rotonde con i sindacati, a nulla serviranno se non si sostengono le imprese, se non si crea un ecosistema che permetta alle imprese di creare quei posti di lavoro che altrimenti lascerebbero milioni di persone in balia degli assegni sociali. Se non si riconferisce dignità al fare impresa, quelle buone intenzioni che leggiamo sui giornali in questi giorni rimarranno solo parole vuote dettate dal bisogno impellente di creare pubbliche relazioni fini a sé stesse.
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