12 febbraio 2022

Mayday !

Autore: Paolo Iaccarino
Altro che turbolenze. La riapertura dei cancelli della riscossione si è trasformata in una valanga per i professionisti del settore, sommersi dagli atti, e in un boomerang per l’Amministrazione Finanziaria, incapace di contenere gli effetti di milioni di provvedimenti, spesso errati, inviati ai contribuenti, dall’oggi al domani. A causa delle numerose richieste di annullamento e sgravio dal pagamento inviate mediante i canali ufficiali sono saltati tutti i termini, sopratutto di buon senso.

Dopotutto chi fra noi non si trova nella stessa situazione? La scena è la medesima. Il cliente vede notificarsi un avviso bonario o una cartella di pagamento che, per svariati motivi, deve considerarsi illegittima. Pagamenti già effettuati, errori materiali di carattere meramente formale, ecc. Chiamati in causa, quali professioni e intermediari del settore, ci attiviamo per contattare tempestivamente l’Amministrazione Finanziaria affinché rettifichi quanto erroneamente inviato. Tentativi spesso inutili, come gli esiti del tutto nefasti.

A quanti fra noi sarà capitato, dopo aver utilizzato il canale Civis, di vedersi gentilmente invitati presso l’Ufficio territorialmente competente, senza alcuna reale motivazione? Un modo gentile per eludere la risposta. Chi, ancora, è in attesa di una risposta alla richiesta di annullamento inviata a mezzo PEC, notificata ormai da alcuni mesi? Due esempi, ricorrenti, che hanno una soluzione comune. Affinché non sia alimentato un inutile contenzioso, anche in questa fase è necessario prevedere dei rigidi termini entro i quali l’Amministrazione Finanziaria deve rispondere al contribuente, con atto sufficientemente motivato, pena la decadenza dell’atto medesimo. Un mantra ricorrente, mai affrontato veramente.

Non è possibile attendere oltre. Se l’Amministrazione Finanziaria ritarda nelle sue risposte, oggi il contribuente ha due scelte, fra loro sostanzialmente alternative, entrambe penalizzanti. La prima, economica, di rinunciare al ricorso e attendere la risposta, nella speranza che essa arrivi in tempi ragionevoli e con esiti positivi. La seconda, più costosa, soprattutto dal punto di vista emotivo, di ricorrere in Commissione Tributaria quando i termini per l’impugnazione sono in procinto di spirare. Un bivio inaccettabile per le questioni più banali, che diventa il ricatto dal quale non riusciamo più a liberarci.

Per chi vive questo mondo, diciamolo chiaramente, la riforma fiscale non è nelle aliquote, ma nelle procedure. È necessario intervenire tempestivamente assicurando al contribuente prima, al professionista incaricato poi, meccanismi chiari e tempi certi. Ripensare il procedimento amministrativo di accertamento e riscossione, rendere ogni fase compatibile con la successiva, consentire al contribuente di interloquire efficacemente, con regole condivise, valevoli davvero per entrambe le parti.
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