25 settembre 2021

Non giudicare se non vuoi essere giudicato

Autore: Paolo Iaccarino
Non è passata certamente inosservata la missiva del 21 settembre 2021 inviata dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate e pubblicata sul quotidiano Avvenire. Non tanto per il suo contenuto, la cui determinazione è nella libera valutazione del mittente, ma per la straordinaria capacità di andare oltre rispetto al ruolo ricoperto. Un inedito sforzo promozionale (non si comprende se personale o a favore dell’Agenzia della quale costituisce il suo vertice), che si rivela una lunga enumerazione di luoghi comuni, condivisibili perché tali, ma che nulla apportano alla risoluzione dell’annoso problema dell’evasione fiscale.

Secondo il Direttore Ruffini il modo migliore per far pagare le tasse ai cittadini sembrerebbe essere quello di convincerli, attraverso un dialogo necessario e continuo. Occorre, in altri termini, farli sentire parte del sistema che contribuiscono ad alimentare. Nel lanciare il revival delle “tasse sono bellissime”, Ruffini scomoda i valori cristiani affinché “Cesare”, ovvero lo Stato, abbia quello che gli spetta. Per i cristiani, in particolare modo, il dovere civico di pagare le tasse assume una forza ed un valore superiore, ove perfino Gesù riconobbe lo Stato quale soggetto titolato alla riscossione dei tributi. Il pagamento delle tasse quale rappresentazione della carità cristiana, un modo per amare il prossimo. Il pagamento delle tasse quale rinuncia da dedicare al sostentamento dei più deboli.

È vero, le tasse “sono il prezzo che paghiamo per essere una comunità”. Chi potrebbe mai negarlo? L’organizzazione di uno Stato moderno necessita di rilevanti risorse per il suo funzionamento. Il pagamento delle tasse rappresenta un obbligo ed un dovere civico che, in quanto tale, prescinde da aspetti esogeni. La funzione solidaristica del sistema, quale meccanismo di riparto della ricchezza disponibile, è parte stessa dell’ordinamento tributario. È nella sua funzione redistributiva che vanno ricercati i principi di solidarietà.

Diamo, allora, una diversa lettura alla lettera pubblicata e cogliamo l’occasione per porre un quesito al quale ognuno potrà, nel proprio animo, rispondere. L’Agenzia delle Entrate, nella sua attività istituzionale, applica gli stessi principi di carità cristiana tirati in ballo dal suo Direttore? La sua azione, nei modi e nei risultati, può considerarsi soddisfacente? L’Agenzia delle Entrate, nel perseguimento dei suoi scopi statutari, dovrebbe assicurare e sviluppare l’assistenza ai contribuenti e agli utenti, al fine di favorire il miglioramento delle relazioni con i cittadini. Secondo il suo statuto, l’Agenzia dovrebbe operare nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza e la sua attività dovrebbe essere ispirata ai criteri di efficienza, economicità ed efficacia. Fra le sue attribuzioni vi dovrebbe essere l’assistenza ai contribuenti e agli utenti, assicurando l’informazione, semplificando gli adempimenti, riducendo gli oneri e fornendo servizi di consulenza ai soggetti interessati dal sistema della fiscalità.

Senza voler arrivare ad una conclusione, che è sempre frutto dell’esperienza individuale, la “parabola” di Ruffini ci invita a domandarci. Quali e quante sono le responsabilità dell’Amministrazione Finanziaria se il sistema tributario è al capolinea?

«Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello» (MATTEO 7, 1-5)
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