Non si è ancora compreso il rapporto processuale tra ente impositore e agente della riscossione.
È questo quello che si evince leggendo la sentenza della CTP Caltanissetta, sez. 2, n. 2510/2022 depositata il 29/06/2022, con cui i giudici hanno dichiarato inammissibile (e sonoramente condannato alle spese) il ricorso avverso plurime cartelle di pagamento notificato esclusivamente all’ente impositore (Agenzia delle Entrate di Siracusa).
Ad avviso dei decidenti di primo grado, la declaratoria di inammissibilità deriverebbe dal fatto che il ricorrente non avrebbe inoltrato il ricorso al concessionario del servizio di riscossione, “legittimato processualmente a contraddire la questione”.
La sentenza, ad avviso dello scrivente, non coglie nel segno ed è giuridicamente errata.
Prima di tutto, ove il contribuente, con rituale ricorso, legittimamente impugni una cartella di pagamento relativa a tributi erariali, nei soli confronti dell’Ente impositore e non anche dell’Agente della riscossione, il ricorso non può mai essere dichiarato inammissibile, e ciò in quanto, come quotidianamente sostenuto dalla Suprema Corte, tra Ente impositore e concessionario non si realizza nessun tipo di litisconsorzio necessario.
A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione afferma a gran voce che “Nelle controversie tributarie, il Contribuente che impugni che impugni una cartella esattoriale o altro atto esattoriale emesso dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione , ovvero anche all'invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell' Ente impositore quanto del Concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile un litisconsorzio necessario, non imponendo al Giudice Tributario l'integrazione del contraddittorio” (Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza n. 7514 del 8/03/2022; cfr. Cassazione, ordinanza n. 8808/2021).
Era, pertanto, onere del convenuto (nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate), chiamare in causa l’Agente della riscossione, ai sensi dell'art. 39 D.lgs. 112/1999, senza che la Commissione debba o possa ordinare l'integrazione del contraddittorio.
Tale chiamata in causa è una litis denuntiatio: istituto di natura meramente sostanziale (e non processuale), che ha lo scopo di mettere il terzo in condizioni di poter intervenire.
La chiamata in causa, prevista dell’art. 39 del D.lgs. 112/1999, ha lo scopo ed è esclusivamente preordinata a rendere edotta l’altra parte della pendenza della lite e dei motivi di ricorso, così da consentirgli, ove lo ritenesse opportuno, di intervenire volontariamente nel giudizio in corso, per spiegare le proprie difese.
Il giudice di Caltanissetta, pertanto, erra nel dichiarare inammissibile il ricorso: era l’ente impositore, parte convenuta in giudizio, a dover provvedere-costituendosi tempestivamente- alla chiamata in causa dell’esattore.
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