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La condotta di cessione a terzi di beni facilmente aggredibili in sede di esecuzione erariale non è sufficiente a fondare la condanna per il reato di cui all’art. 11, D.Lgs. n. 74/00. È quanto emerge da una recente pronunzia della Corte di Cassazione, che accoglie il ricorso dell’imputato, sulla scorta del rilievo che nella sentenza di condanna in sede di appello è mancato «il necessario approfondimento sul carattere effettivamente fraudolento delle varie operazioni compiute», che non può essere ritenuto implicito «nella sola idoneità degli atti a mettere in discussione la possibilità di recupero del credito da parte dell'Erario».
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