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Il contributo esamina il contratto di lavoro intermittente alla luce dell’abrogazione del Regio Decreto n. 2657/1923, con attenzione alle recenti indicazioni ministeriali sulla disciplina applicabile.
Si esaminano i chiarimenti interpretativi forniti dagli organi ministeriali, al fine di offrire un quadro operativo aggiornato e rigoroso per operatori e professionisti.
Il contratto di lavoro intermittente (o job on call), disciplinato in Italia principalmente dal Decreto Legislativo n. 81/2015 (Capo VI), si configura come una speciale tipologia di contratto di lavoro subordinato caratterizzata dalla discontinuità della prestazione lavorativa. Risponde all'esigenza aziendale di impiegare il lavoratore esclusivamente in presenza di effettive e specifiche necessità operative, garantendo all'impresa una flessibilità gestionale particolarmente rilevante in settori caratterizzati da intensità variabile o stagionalità.
L'utilizzabilità del contratto di lavoro intermittente è subordinata al ricorrere di criteri oggettivi (legati all'attività) o criteri soggettivi (legati all'età anagrafica del lavoratore).
Il contratto può essere legittimamente stipulato:
Il contratto è in ogni caso ammesso, a prescindere dal tipo di attività svolta, quando il lavoratore rientri nei seguenti limiti anagrafici:
Si rammenta che la violazione dei requisiti anagrafici non determina la trasformazione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; il lavoratore conserva comunque il diritto a percepire la retribuzione per le attività svolte e a vedersi riconosciuta la relativa contribuzione previdenziale.
Secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 24 luglio 2023, n. 22086, i criteri che consentono la stipula di un contratto di lavoro intermittente devono essere considerati alternativi tra loro: non è dunque richiesto che coesistano sia il requisito oggettivo che quello soggettivo. Inoltre, la giurisprudenza precisa che un eventuale divieto inserito nel contratto collettivo rispetto a specifiche attività non può essere interpretato come un’esclusione assoluta della possibilità di ricorrere al lavoro intermittente.
In pratica, il datore di lavoro mantiene la facoltà di stipulare contratti di lavoro a chiamata per le attività elencate nella tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 oppure con lavoratori che abbiano meno di 24 anni o più di 55 anni.
Limiti di utilizzo:
Sono tuttavia escluse da questo limite le aziende che operano nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In particolare, si considerano escluse sia le imprese iscritte con codice ATECO 2007 riferito a tali settori, sia quelle che, pur avendo un diverso codice ATECO, e quelle che, pur non classificate con il codice ATECO corrispondente ai settori in questione, svolgono attività proprie del settore turismo, pubblici esercizi e spettacolo, applicando i relativi CCNL. (Interpello n. 26/2014).
Qualora tale soglia venga oltrepassata, il rapporto si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.
A seconda della formulazione contrattuale, si distinguono due ipotesi fondamentali:
Con l’entrata in vigore della Legge 56/2025, a partire dal 9 maggio 2025, è stata disposta l’abrogazione di una vasta mole di atti normativi, tra cui il Regio Decreto 2657/1923. Tale Regio Decreto era noto per la tabella allegata la quale individuava le attività per le quali è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente, tabella che veniva richiamata anche dal D.M. 23 ottobre 2024.
L’abrogazione del decreto ha generato tra gli operatori dubbi circa la possibilità di continuare ad utilizzare la tabella come riferimento operativo per la stipula dei contratti a chiamata, o se invece tale rinvio dovesse considerarsi definitivamente superato. In risposta a questi interrogativi, sono intervenuti dapprima l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Nota INL 10.7.2025), successivamente il Ministero del Lavoro (Circ. MLPS 27.8.2025) i quali hanno confermato l’orientamento già espresso in passato dal Ministero con la Circolare 34/2010.
L’indicazione fornita è che il riferimento alla tabella del Regio Decreto, ai fini dell’applicazione della disciplina sul lavoro intermittente, deve intendersi come “rinvio meramente materiale”.
In altri termini, pur venendo meno il fondamento normativo autonomo del decreto, le attività elencate nella tabella continuano a rappresentare un valido riferimento tecnico per l’individuazione delle prestazioni ammesse al contratto a chiamata, almeno sino a eventuali diverse disposizioni legislative o regolamentari.
Per la prassi operativa, questo significa che, nella gestione dei rapporti di lavoro intermittente, potete continuare a fare affidamento sulle attività individuate nella tabella allegata al Regio Decreto 2657/1923, in quanto il D.M. 23 ottobre 2024 la richiama tuttora espressamente e le recenti note di prassi ne confermano la residua validità.
In caso di divieto stabilito dal contratto collettivo, quali sono i criteri e le condizioni che occorre verificare affinché il datore di lavoro possa comunque ricorrere al lavoro intermittente?
In presenza di un divieto previsto dal contratto collettivo, è necessario verificare se sia comunque possibile ricorrere al lavoro intermittente in applicazione delle ipotesi oggettive (riferite a determinate attività o mansioni individuate dalla normativa o dai decreti ministeriali) oppure delle ipotesi soggettive (collegate a specifiche fasce di età dei lavoratori). Tale orientamento trova riscontro nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 13 novembre 2019 n. 29423) e nelle indicazioni fornite dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro (Circ. INL 8 febbraio 2021 n. 1).
Qual è il regime contributivo, retributivo e previdenziale dell’indennità di disponibilità prevista nei contratti di lavoro intermittente?
L’indennità di disponibilità riconosciuta al lavoratore intermittente non viene computata per il calcolo di istituti contrattuali ed economici quali il trattamento di fine rapporto (TFR) e le mensilità aggiuntive (ad esempio, tredicesima e quattordicesima), secondo quanto chiarito dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 4/2005.
Tuttavia, su tale indennità sono dovuti i contributi previdenziali obbligatori, che rilevano sia ai fini pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti) sia per l’accesso alle prestazioni assistenziali in caso di malattia, maternità e tubercolosi.
Un’azienda di servizi assume stagionalmente dei custodi per la sorveglianza di strutture ricreative nei mesi estivi. I titolari si chiedono se, a seguito dell’abrogazione del Regio Decreto 2657/1923, sia ancora possibile stipulare contratti di lavoro intermittente per questa mansione.
Alla luce delle più recenti indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, la risposta è affermativa: la tabella delle attività allegata al Regio Decreto 2657/1923, pur essendo formalmente abrogato il decreto, mantiene efficacia come riferimento tecnico per l’individuazione delle attività per cui è possibile ricorrere al lavoro intermittente, in quanto espressamente richiamata dal D.M. 23 ottobre 2024 e confermata dalla prassi amministrativa più recente.
Pertanto, l’azienda potrà continuare a stipulare contratti di lavoro intermittente con i custodi, applicando la disciplina e le procedure ordinarie previste.
(prezzi IVA esclusa)