29 agosto 2011

Calciatori. No alla Super-IRPEF

Contributo di solidarietà e mondo del calcio sul piede di guerra

Autore: Redazione Fiscal Focus

Secondo la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nel parere n. 17 del 18 agosto scorso, il contributo di solidarietà, introdotto dal D.L. n. 138/2011 per i redditi medio alti, deve essere pagato solo ed esclusivamente dai calciatori. Intanto l’Associazione Italiana Calciatori (AIC) con lo sciopero di ieri si rifiuta di pagare il contributo di solidarietà previsto dal Governo nell’ultima manovra economica. A tal proposito dura è la reazione del ministro Calderoli: “Se c’è qualcuno che dovrebbe pagarlo sono proprio loro, la casta dei viziati. Se dovessero continuare a minacciare scioperi o ritorsioni proporrò che come ai politici anche i ai calciatori venga raddoppiata l’aliquota del contributo di solidarietà”.

Premessa. I contenuti del D.L. 138/2011, con cui sono state approvate alla vigilia di Ferragosto le misure necessarie a fronteggiare la crisi dei mercati, hanno aperto un acceso dibattito anche nel mondo del calcio. Rischia di diventare il caso dell’estate, almeno per gli sportivi (gli unici a desiderare la fine delle vacanze perché almeno coincide con l’inizio del campionato di calcio). Il motivo della disputa apertasi tra società e calciatori nasce dalla reciproca mancanza di volontà di accollarsi il nuovo onere. In quanto se l’accordo fa riferimento al lordo, la tassa è a carico del calciatore, se fa riferimento al netto è carico della società.
Situazione ibrida e non usuale nella gestione degli altri rapporti di lavoro, ma ormai il mondo del calcio ci ha abituati a certe digressioni giuridiche che nulla hanno a che vedere con il diritto del lavoro. Dunque, la disputa esistente non è tale in quanto a livello giuridico la situazione non presenta margini di dubbio. Sono i calciatori a dover versare il contributo di solidarietà e non le società.

Il contributo di solidarietà. Il contributo di solidarietà, previsto dall’articolo 2 del D.L. 138/2011 del 13 agosto, stabilisce che “per fronteggiare la situazione dell’attuale crisi economica di portata internazionale al fine di realizzare gli obiettivi di finanza pubblica che sono stati concordati in sede europea, la norma introduce – per il periodo che va dal 2011 e fino al 2013, in deroga all’articolo 3 dello Statuto del contribuente – un contributo di solidarietà a carico dei contribuenti con reddito complessivo superiore a 90.000 euro annui. In particolare, il comma 1 dell’articolo 2 stabilisce che il predetto contributo è dovuto dalle persone fisiche ed è calcolato sull’ammontare del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del TUIR dalle stesse prodotto nell’anno di riferimento. La misura percentuale del contributo da applicare al reddito complessivo è pari al 5% della parte eccedente 90.000 euro e fino a 150.000 euro e al 10% sulla parte di reddito che eccede 150.000 euro. Il medesimo comma 1 prevede, inoltre, la deducibilità – ai sensi dell’articolo 10 del citato TUIR, del contributo di solidarietà che, pertanto, riduce il reddito complessivo ai fini della determinazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali regionali e comunale”.

Secondo la posizione espressa nel parere, infatti, il contributo di solidarietà assume natura straordinaria che le parti sicuramente non avevano previsto in sede di sottoscrizione dell’accordo e quindi, se ne deve far carico il contribuente che percepisce la somma.
Solo nel caso in cui la norma avesse qualificato il contributo come un’aggiunta di aliquota all’IRPEF (opzione possibile), si sarebbe potuta prospettare l’imposizione in capo alla società calcistica.

Il dettato della norma è dunque chiaro. Si tratta di un “contributo a carico dei contribuenti” e quindi dei calciatori che percepiscono il reddito.

Contribuente-Fisco. Calciatori-Società. I Rapporti. Si ritiene opportuno effettuare alcune precisazioni in merito ai rapporti che intercorrono fra le diverse parti chiamate in causa. Pertanto è possibile distinguere due tipologie di rapporti: il primo, tra contribuente e fisco; il secondo, tra calciatore e società.

Contribuente-Fisco. Rispetto al primo, la norma è chiara. È il contribuente che deve pagare il contributo per espressa previsione della legge. Peraltro, il contributo può essere deducibile dal reddito complessivo che gli stessi calciatori dichiarano al fisco italiano. Caratteristica che differenzia in modo assoluto il contributo dall’IRPEF. È doveroso precisare che il contributo non è dovuto solo sul reddito che il calciatore percepisce dalla società, ma esso va calcolato sull’intera ricchezza prodotta dal calciatore derivante anche da introiti indiretti come, ad esempio, i redditi di fabbricati e/o di sponsorizzazione.

Calciatore-Società. Altro aspetto è il rapporto contrattuale tra calciatore e società e la modalità con cui è stata scritta la clausola economica. Infatti, si possono verificare sostanzialmente tre casi:
1. Se le parti, pur avendo concordato una somma netta da erogare, hanno redatto un contratto indicando la rispettiva somma lorda; in tal caso il contributo rimane a carico del calciatore.;
2. Ad analoghe conclusioni si giunge se il contratto indica un corrispettivo sia lordo che netto, poiché la somma netta normalmente viene riportata solo a titolo indicativo e non sostanziale;
3. se invece, il contratto indica solo una somma netta da erogare, va analizzato caso per caso se tale somma netta è stata individuata esclusivamente depurando le imposte e non di altri oneri.

Dunque, potrebbe trovare diversa valutazione il singolo contratto che regoli la posizione individuale di ogni calciatore ove lo stesso preveda la disciplina specifica di eventualità come quella in discorso. In tal caso sarà quella clausola a determinare l’assetto delle parti.

Caso contrario, che vige per la stragrande maggioranza dei contratti stipulati tra società di calcio e giocatori, si applicano le regole generali sopra descritte che assegnano al calciatore l’onere di corrispondere all’erario il contributo di solidarietà.

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