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Premessa – I periodi di congedo straordinario sono rilevanti ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica. A chiarirlo è il Dipartimento della Funzione Pubblica con la nota n. 2285/2013.
Quesito – Il MIUR ha avanzato un quesito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica - in merito all'istituto del congedo straordinario retribuito di cui all'art. 42, c. 5 e ss., del D.Lgs. n. 151/2001, con particolare riferimento agli effetti che l'assenza produce sulla maturazione dell'anzianità di servizio ai fini della progressione economica e della pensione.
Congedo straordinario retribuito - Il D.F.P., nell’affermare che l’art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001 (modificato dalla lett. b, c. 1, dell’art. 4, del D.Lgs. n. 119/2011) prevede durante il periodo di congedo il diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, ha chiarito che tale integrazione salariale non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del TFR. Nel dettaglio, è stato precisato che “i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità”. Pertanto, il periodo del congedo deve essere riconosciuto ai fini dell’anzianità di servizio valevole per il raggiungimento del diritto a pensione e per la sua misura.
Risposta del D.F.P. - Tuttavia, l’art. 4, c. 2, della L. n. 53/200 ha previsto che il congedo non è computato nell’anzianità di servizio, lì dove l’anzianità di servizio è tenuta distinta dai “fini previdenziali”. Quindi, a parere del D.F.P., bisogna distinguere la valenza dell’anzianità maturata nel corso della fruizione del congedo, cioè l’effetto che si produce rispetto al trattamento pensionistico e quello che riguarda invece il conseguimento del requisito per la progressione ai fini economici. Ne deriva che i periodi di congedo sono validi ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica. Tale conclusione trova fondamenta nel fatto che, di regola, i periodi rilevanti ai fini delle progressioni economiche presuppongono un’attività lavorativa effettivamente svolta, che porta a un arricchimento della professionalità e a un miglioramento delle capacità lavorative del dipendente, situazione che non ricorre nel momento in cui il dipendente si assenta dal servizio e non svolge la propria attività lavorativa.