Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Premessa - Per i call center in “outbond” non vale la stretta della riforma Fornero per stanare le collaborazioni fittizie prevista dall’art. 1, c. 23, della L. n. 92/2012. Si tratta di un ulteriore emendamento contenuto nel D.L. Sviluppo e approvato mercoledì scorso in prima lettura alla Camera, arricchendo di conseguenza il pacchetto di modifiche alla riforma del lavoro. Quindi la stretta che non si applicava agli agenti e rappresentanti del commercio, ora lascia fuori anche “le attività di vendita di beni e servizi realizzate attraverso call center ‘outbond’ per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale”. Ciò permette di preservare ben 35.000 posti di lavoro nel settore call center, in cui lavorano circa 8.000 lavoratori, di cui il 70% donne e l’80% giovani al primo impiego. La notizia è stata accolta positivamente soprattutto da Assocontract, l’Associazione nazionale dei contact center in outsourcing, è un “importante passo in avanti” la possibilità di regolare le collaborazioni a progetto per le attività di vendita “outbond” mediante la definizione di contratti nazionali di lavoro.
Call center outbond – Si tratta di lavoratori impegnati in “attività di vendita diretta di beni e servizi” contattando per un arco di tempo determinato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile a un singolo committente. Nelle attività “inbond” invece, l’operatore non gestisce la propria attività che consiste prevalentemente nel rispondere a chiamate dell’utenza. Ora, alla luce del suddetto emendamento la stretta sui contratti a progetto non varrà per le attività di vendita di beni e servizi attraverso call center outbond (inclusi agenti e rappresentati di commercio). Al contrario varrà per tutte le altre attività, come ricerche di mercato o recupero crediti.
Disincentivo alla delocalizzazione - Nell’emendamento, inoltre, è compreso anche un disincentivo alla delocalizzazione delle attività svolte da call center con almeno 20 dipendenti. In sostanza, le imprese estere non potranno più contare sugli sgravi contributivi previsti dalla L. n. 407/1990 per le assunzioni. E’ previsto, poi, che l’operatore di call center deve sempre informare il cittadino dal Paese in cui sta ricevendo la telefonata. E ancora. Qualora l’azienda decida di delocalizzare l’attività di call center, è obbligata a darne notizia al Ministero del Lavoro e al Garante della pravicy almeno 120 giorni prima, al fine di verificare il rispetto della normativa italiana e del Registro delle opposizioni. In caso di mancato rispetto della comunicazione, l’azienda dovrà scontare una sanzione di 10.000 euro.