27 febbraio 2015

Contratti a termine. Costa caro violare il plafond

Eliminata la sanzione della conversione del rapporto di lavoro in caso di violazione del plafond. Resta la sanzione amministrativa

Autore: Redazione Fiscal Focus
Qualora l’azienda superasse il plafond nei contratti a termine - pari al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione – non scatta la conversione del rapporto in uno di tipo indeterminato, ma si applica semplicemente una sanzione amministrativa. L’importo, in particolare, sarà pari: al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1; al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a 1.

La novità è rilevabile all’art. 21, c. 4 del Decreto Legislativo sul riordino delle tipologie contrattuali, approvato in via definitiva nel CdM del 20 febbraio scorso. Nulla di nuovo, invece, sul fronte delle proroghe, durata e rinnovi, che mantiene le norme recentemente introdotte dal D.L. n. 34/2014.

I limiti – Infatti, lo schema di Decreto Legislativo conferma sostanzialmente l’attuale disciplina sul contratto a tempo determinato, il quale è basato su un doppio limite: di durata e quantitativo.

Quindi, da un lato, si mantiene la durata massima di 36 mesi, anche non continuativi, con la possibilità di stipulare un nuovo rapporto davanti la DTL (massimo 12 mesi) e, dall’altro, si conferma il tetto massimo di lavoratori a tempo determinato assumibili (20%).

Sul punto, si rammenta che sono esenti da quest’ultimo limite, i contratti a tempo determinato conclusi:
• nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
• da imprese start-up innovative, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto per le società già costituite;
• nelle attività stagionali;
• per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
• per sostituzione di lavoratori assenti;
• con lavoratori di età superiore a 55 anni.

Indicazione del termine
– Per quanto concerne le proroghe, rimane il limite massimo di 5 nell’arco dei 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Al riguardo, si ricorda che lo stop&go tra un contratto e l’altro deve essere almeno di: 10 giorni per i contratti di durata inferiore a 6 mesi e 20 giorni per quelli di durata superiore.

Attenzione ai suddetti limiti, perché in caso di violazione la conseguenza è la conversione del rapporto in un contratto di tipo indeterminato.

Oltre la scadenza –
Qualora la durata del rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo girono successivo e al 40% per ciascun giorno ulteriore.

Diritto di precedenza – Inoltre, all’art. 22 vengono confermate anche le norme sul diritto di precedenza, che si applica ai lavoratori i quali abbiano prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi presso la stessa azienda.

Ebbene precisare che il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente 6 mesi e 3 mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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