Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Premessa – In tutti i casi previsti dai contratti collettivi di “qualsiasi livello” si potranno ridurre gli intervalli di tempo per il rinnovo dei contratti a termine, che attualmente è di: 60gg per i contratti inferiori a 6 mesi; e 90gg per quelli superiori a 6 mesi. Infatti, ora basta l’accordo sindacale per abbassare l’intervallo di attesa a 20/30 giorni in luogo dei suddetti termini. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 27/2012, a seguito di alcune richieste di chiarimento concernenti la tematica della riduzione degli intervalli tra due contratti a tempo determinato, volte a chiarire la portata dei più recenti interventi “integrativi” di cui al D.L. n. 83/2012, convertito nella L. n. 134/2012.
Riforma Fornero - Come è noto, la Riforma Fornero (L. n. 92/2012) ha ampliato notevolmente i limiti temporali per la legittima riassunzione a termine del lavoratore. Infatti, adecorrere dal 18 luglio, per poter riassumere lo stesso lavoratore bisogna aspettare un periodo di: 60gg (prima erano 10gg) per i contratti inferiori a 6 mesi; 90gg (prima erano 20gg) per i contratti superiori a 6 mesi.Tuttavia, sono previsti alcuni casi in cui i suddetti termini possono essere ridotti rispettivamente fino a 20 giorni (per i contratti inferiori ai 6 mesi) e 30 giorni (per i contratti superiori ai 6 mesi), vale a dire nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un particolare processo organizzativo connesso a ragioni di: avvio di una nuova attività; lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; rinnovo o proroga di una commessa consistente.
Il D.L. Sviluppo - Successivamente, in sede di conversione del c.d. “D.L. Sviluppo” (D.L. n. 83/2012), la stretta Fornero è stata ulteriormente allentata con la previsione di nuove deroghe. Infatti, l'art. 46-bis del D.L. n. 83/2012 ha stabilito che “i termini ridotti di cui al primo periodo trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.La suddetta disposizione, inoltre, ha modificato anche itermini di assunzione dei lavoratori stagionali tra un contratto e l’altro. Infatti, l’intervallo passa da: 60 giorni a 20 giorni per quelli fino a 6 mesi; mentre per quelli superiori il termine passa da 90 giorni a 30 giorni.
I chiarimenti ministeriali - È proprio su quest’ultima previsione normativa che si concentrano i chiarimenti ministeriali.In primo luogo viene specificato che la disposizione di cui all’art. 46-bis del D.L. n. 83/2012 – secondo cui “i termini ridotti di cui al primo periodo trovano applicazione per la attività di cui al comma 4-ter attività stagionali di cui al DPR n. 1525/1963] e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” – ha carattere interpolativo dell’art. 1, c. 9, lett. h), della L. n. 92/2012 che, a sua volta, si “inserisce” nel corpo dell’art. 5, c. 3, del D.Lgs. n. 368/2001.In secondo luogo, la circolare ministeriale si esprime sulle “possibili deroghe alla durata degli intervalli” tra due contratti a tempo determinato instaurati dallo stesso datore di lavoro nei confronti del medesimo lavoratore, precisando che in tal caso è necessario far luce sul ruolo assegnato alla disciplina collettiva.A tal proposito, viene affermato che ai soli “accordi di livello interconfederale o di categoria” è consentito di norma “ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate”, così come espressamente previste dal riformato art. 5, c. 3, del D.Lgs. n. 368/2001.Di conseguenza, solo gli accordi di livello interconfederale o di categoria – ovvero, in via delegata, a livello decentrato – possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all’avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, ecc.Tuttavia, il Ministero del Lavoro chiarisce che con la locuzione “ogni altro caso previsto dai contratti collettivi” di qualsiasi livello, s’intende valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati, senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo del Ministero.Secondo il M.L.P.S.,dunque, nessun vincolo presupposto, né di tipo funzionale, né con riferimento alla finalizzazione dell’intervento normativo, caratterizza l’ulteriore ipotesi di disciplina collettiva derogatoria, vale a dire quella prevista dal D.L. n. 83/2012 che, senza privilegiare nessuno dei livelli di contrattazione (interconfederale, nazionale o di prossimità), sancisce la facoltà per i contratti collettivi – “ad ogni livello” – di prevedere “ogni altro caso” di riduzione dell’intervallo temporale, a condizione che siano sottoscritti “dalle” organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.