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Premessa - La Fondazione Studi CdL, con il Parere n. 7 del 21 luglio 2016, analizza una questione particolarmente importante con riferimento ai contratti di solidarietà di tipo B. Prima di entrare nel merito di quanto esposto con tale parere, si vuole fornire una prima indicazione sui contratti di solidarietà, utile a chiarire le differenze e le particolarità apportate con il corposo intervento del D.Lgs. n. 148/2015 che riforma, a partire dal 24 settembre 2015, gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.
Definizione di CdS di tipo B - Il contratto di solidarietà in generale, interviene in presenza di dichiarate eccedenze occupazionali, al fine di evitare in tutto o in parte la riduzione di personale. I contratti di solidarietà definiti come “difensivi”, sono quei contratti di solidarietà relativi alle imprese non rientranti nel campo di applicazione della CIGS; a seguito del disposto dell’art. 46 del D.Lgs. n. 148/2015 dal 1° luglio 2016, l’art. 5 del D.L. n. 148/1993 è stato abrogato. Tale articolo recava proprio la disciplina in materia di contratti di solidarietà di tipo B.
La Circolare n. 8 del Ministero del Lavoro - Ma sul tema si è espresso anche il MLPS che con la Circolare n. 8 del 2016 ha fornito specificazioni sul tema, nominando tra le fonti anche la Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015) la quale prevede proprio all’art. 1, comma 305, che “In attuazione dell’articolo 46, comma 3, del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, le disposizioni di cui all’articolo 5, commi 5 e 8, del Decreto-Legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla Legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni, trovano applicazione per l’intera durata stabilita nei contratti collettivi aziendali qualora detti contratti siano stati stipulati in data antecedente al 15 ottobre 2015, e, negli altri casi, esclusivamente sino al 31 dicembre 2016, nel limite massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2016 […]”: alla luce di tale disposto, i contratti difensivi di tipo B:
Imponibilità IRPEF – Da quanto detto, secondo i CdL, si avrebbe senza ombra di dubbio l’imponibilità fiscale – seppur manchi quella previdenziale e assistenziale, che è esplicitamente dettata dalla legge – di tali proventi, i quali sono percepiti dal lavoratore proprio in sostituzione del reddito da lavoro dipendente.
In conclusione – segnala la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro – per l’integrazione salariale prevista per i contratti di solidarietà disciplinati dalla L. n. 863/1984 (contratti di tipo A), “non sussiste alcun dubbio circa la rilevanza reddituale, stante la funzione di compensare il lavoratore della perdita di retribuzione determinata dalla contrazione della prestazione lavorativa in ragione della diminuzione dell’orario di lavoro”. Stessa assoggettabilità vale, di conseguenza, anche per l’assegno di solidarietà al quale si conferma l’applicazione della “normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie” ai sensi dell’art. 31, comma 7 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.