9 agosto 2012

Familiare disabile. Il trasferimento va giustificato

Il dipendente che assiste un familiare, portatore di handicap anche non grave, non può essere liberamente trasferito
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa - È illegittimo il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare portatore di handicap anche non grave, in quanto il diritto del lavoratore a non essere trasferito senza il suo consenso si configura come diritto all'assistenza del familiare comunque disabile, anche se non riconosciuto in condizioni di gravità ed è giustificato dalla cura e dall'assistenza prestata dal lavoratore al familiare disabile sempreché non risultino provati i motivi che, in un bilanciamento degli interessi possa giustificare la perdita di cure da parte del soggetto debole. Ciò è quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 9201 depositata lo scorso 7 giugno, accogliendo il ricorso di un dipendente Telecom, trasferito da Reggio Calabria a Castrovillari.

La vicenda –Il caso riguarda un lavoratore di un'azienda telefonica trasferito ad altra sede di lavoro in base al fatto che il familiare che assisteva non era stato considerato dalla competente commissione medica in condizioni di particolare gravità. Infatti, la datrice di lavoro è venuta meno al presupposto del consenso del lavoratore al trasferimento secondo la previsione del c. 5 dell'art. 33 della L. n. 104/92. Sia in primo grado, sia in appello, il ricorso del lavoratore è stato respinto in quanto le condizioni di gravità del fratello non erano state accertate clinicamente, per cui non c'era alcuna necessità di prestazioni assistenziali permanenti e continuative che risultassero incompatibili con la destinazione di altra e distante sede lavorativa. L'interessato tuttavia decide di ricorrere alla Suprema Corte affermando che la L. n. 104/1992 va interpretata alla luce della convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, recepita in Italia con la Legge 15/2009. Alla base dei motivi del ricorrente vi è la discriminazione e l’insufficienza di tutela della persona assistita che vive già una condizione di svantaggio nella vita, nei rapporti interfamiliari e di partecipazione sociale; ma soprattutto vi è il fatto che il datore di lavoro non ha fornito un'adeguata motivazione sulle esigenze tecnico produttive dell'azienda idonee al trasferimento e alla conseguente limitazione del diritto del familiare all'assistenza.

La sentenza –Questa volta i giudici danno ragione al lavoratore. Infatti per la Cassazione “il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave risultando la sua inamovibilità - nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all’assistenza del familiare comunque disabile - giustificata dalla cura e dall’assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro - a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare - specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte”. In definitivaappalesa fondato il ricorso del dipendente avendo la Corte territoriale ritenuto legittimo il trasferimento perché “non ricorrere, nella specie, una situazione di accertata gravità […] senza però che in alcun modo fosse stata provata alcuna ragione che, in una situazione di contrapposizione di interessi tutti a copertura costituzionale, potesse valere alla stregua di un corretto bilanciamento di interessi a legittimare il trasferimento disposto dalla società ed a privare il disabile del suo sostegno familiare”.

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