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Premessa – La Riforma Fornero prima (L. n. 92/2012), e il D.L. lavoro poi (L. n. 99/2013), hanno profondamente rivisitato l’istituto del contratto intermittente, specie nella durata di utilizzo di tali lavoratori. Infatti, per le prestazioni rese successivamente alla data del 28 giugno 2013, il lavoratore non può superare le 400 giornate nell’arco di tre anni solari, pena la conversione del rapporto in un normale contratto di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, il conteggio delle prestazioni va fatto a ritroso di tre anni, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione, e si dovrà tenere conto solamente delle giornate di effettivo lavoro. L’unica deroga a tale disciplina è riservata ai settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo. Ma vediamo più da vicino questo particolare istituto introdotto a suo tempo dalla Legge Biagi (D. Lgs. n. 276/2003).
Ambito di applicazione – Innanzitutto bisogna ricordare che il ricorso al lavoro intermittente è riservato a determinate condizioni – imposte dalla Riforma Fornero – che elenchiamo di seguito: svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale; periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno; soggetti con più di 55 anni di età e soggetti con meno di 24 anni di età (23 anni e 364 giorni), fermo restando, in tal caso, che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.
Proroga estesa – Per quanto riguarda la durata del contratto intermittente, sempre la Riforma Fornero, ha stabilito che nel caso in cui i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della riforma Fornero (18 luglio 2012) non siano compatibili con la nuova disciplina, continuano ad avere efficacia per un periodo limitato, ossia fino al 18 luglio 2013. Termine, questo, opportunamente prorogato dalla L. n. 99/2013, fino al 1° gennaio 2014.
La comunicazione preventiva - Prima di procedere alla chiamata del lavoratore, il datore di lavoro dovrà darne preventiva comunicazione, da non confondere con la CO (comunicazione obbligatoria) la cui mancanza comporta una sanzione da 200 a 400 euro. Dunque, ai soli fini della prova è richiesta: l’indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto; il luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore (comunque non inferiore a un giorno lavorativo); il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità disponibilità, ove prevista; l’indicazione delle forme e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità; le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Il divieto – Non è possibile, invece, ricorrere al lavoro intermittente: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; salvo diversa diposizione degli accordi sindacali, quando il rapporto di lavoro intermittente sia attivato presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, sospensione di rapporti o riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni oggetto del contratto di lavoro intermittente; se si tratta di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, o non abbiano rielaborato tale valutazione, ai sensi della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Il rifiuto – Infine, vale la pena precisare che il lavoratore non è obbligato a rispondere sempre in maniera positiva alla chiamata del datore di lavoro; infatti, è ammesso anche il rifiuto. L’unica deroga al rifiuto si ha quando lo vieta espressamente una clausola contrattuale. La chiamata, in particolare, può essere effettuata nel rispetto di un termine di preavviso non inferiore a un giorno lavorativo.