Premessa – Niente assegno di invalidità civile in caso di svolgimento di attività lavorativa. L’impedimento, che opera in base alla misura del reddito ricavato, è valevole sia secondo il vecchio testo della legge, sia secondo il nuovo (art. 13, L. n. 118/71). A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14/2/2014, n. 3517.
La vicenda – Il caso trae origine dall’impugnazione della sentenza con cui la Corte d'appello rigettava la domanda proposta da un uomo nei confronti dell'INPS per ottenere l'assegno d’invalidità civile (art. 13, legge 118/71), ritenendo che, nonostante il percepimento di redditi inferiori alla soglia di legge prescritta per detta prestazione assistenziale, la medesima non poteva spettare perché l’uomo svolgeva attività lavorativa. L’interessato impugna nuovamente la sentenza e ricorre in Cassazione.
L’ordinanza – Gli Ermellini danno ragione all’INPS. Infatti, i giudici ricordano che, per legge, agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione. Quindi, nel caso in esame, le lamentele del ricorrente non hanno quindi ragione di esistere, perché lo svolgimento di attività lavorativa preclude sempre il diritto al beneficio, quale che sia la misura del reddito ricavato. Di conseguenza, la soluzione offerta dai giudici di legittimità esclude la possibilità di accedere al beneficio in tutti quei casi in cui il soggetto svolge attività lavorativa, essendo ciò assolutamente incompatibile con il diritto al beneficio previdenziale.
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