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Premessa – I 30 giorni entro i quali il datore di lavoro deve comunicare alla D.T.L. competente per territorio la durata del contratto intermittente riguardano l’attività effettiva che viene svolta e non il periodo complessivo. Ne consegue che, qualora uno o più lavoratori siano chiamati a svolgere prestazioni di durata superiori a 30 giorni (continuativi o frazionati), occorrerà inoltrare più di una comunicazione. È questo in sostanza l’aspetto principale che è possibile dedurre dalla circolare n. 20/2012 del Ministero del Lavoro, fornendo nuove indicazioni in materia di lavoro intermittente, la cui disciplina è stata recentemente modificata dalla L. n. 92/2012 (c.d. Riforma del lavoro). In particolare, gli approfondimenti del suddetto Dicastero si concentrano sul campo di applicazione dell’istituto, l’obbligo di comunicazione della chiamata del lavoratore e la disciplina del periodo transitorio.
Ambito di applicazione – A decorrere dal 18 luglio 2012 il Governo ha previsto una notevole riduzione della platea dei soggetti che possono ricorrere al lavoro intermittente. Innanzitutto va detto che esso può essere utilizzato “per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno”. Inoltre, cambiano i limiti di età per i soggetti che intendono accedere al contratto di lavoro intermittente; in particolare, esso potrà essere stipulato esclusivamente da lavoratori: sotto i 24 anni (prima erano 25); e sopra i 55 anni (prima erano 45) anche se pensionati. Al riguardo, il Ministero del Lavoro chiarisce che tale tipologia contrattuale, potrà essere resa solo fino a che il lavoratore non abbia compiuto il 25° anno di età (quindi abbia al massimo 23 anni e 364 giorni). Al superamento di tale limite il contratto si trasformerà in subordinato a tempo pieno e indeterminato.
Divieto ricorso al lavoro intermittente – Restano immutate invece le ipotesi in cui è vietato il ricorso al lavoro intermittente, elencate tassativamente all’art. 34, c. 3, del D.Lgs. n. 276/2003, ossia sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, laddove il rapporto di lavoro intermittente sia attivato presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, sospensione dei rapporto o riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, per lavoratori adibiti alle medesime mansioni; nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi della vigente normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Indennità di disponibilità – Anche la clausola relativa l’indennità di disponibilità rimane invariata. Infatti, il lavoratore può decidere di vincolarsi o meno all’obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, il quale è tenuto alla corresponsione di una “indennità economica di disponibilità, in misura non inferiore al 20% della retribuzione.
Obblighi di comunicazione – Rilevanti novità sono state introdotte anche in merito agli obblighi di comunicazione. Infatti, essa può essere fatta anche lo stesso giorno in cui viene resa la prestazione lavorativa purché prima dell'inizio della stessa. Se il lavoratore non dovesse presentarsi sul posto di lavoro, la comunicazione potrà essere modificata o annullata attraverso l'invio di una successiva comunicazione di rettifica da eseguire entro le 48 ore successive al giorno in cui la prestazione doveva essere resa. Diversamente, la comunicazione va effettuata sempre prima dell'inizio della prestazione di lavoro. Senza questa modifica della comunicazione, il datore è tenuto a corrispondere i contributi previdenziali per tutto il periodo dell'originaria "chiamata". Occorre evidenziare, inoltre, un'apertura rispetto all'interpretazione di un “ciclo integrato di prestazioni non superiori a 30 giorni”. Sul punto la circolare spiega che con questa locuzione si può intendere anche una prestazione di 30 giorni svolta su un periodo temporale più ampio di tale termine. Si pensi a una programmazione di prestazione a chiamata di 5 giorni al mese per sei mesi. In tal caso è sufficiente che il datore di lavoro faccia un'unica comunicazione alla D.T.L. competente per territorio, avvalendosi di modalità semplificate (fax o posta elettronica). Sono allo studio ancora ipotesi di procedure più semplificate mediante sms.
Regime transitorio - Dal 18 luglio scorso, inoltre, non è più possibile stipulare contratti di lavoro intermittenti secondo la previgente normativa, mentre quelli antecedenti, se incompatibili, cesseranno di avere effetto il 18 luglio 2013. Le prestazioni rese in violazione di tale disposizione saranno da considerarsi “lavoro nero”.