17 febbraio 2015

Jobs act. Restyling in vista sui contratti

Si apre il cantiere sul riordino dei contratti. Ecco alcune modifiche al vaglio del Cdm di venerdì prossimo

Autore: Redazione Fiscal Focus
Occhi puntati sull’attesissimo Consiglio dei ministri di venerdì prossimo. Come ampiamente annunciato nei giorni scorsi, l’appuntamento interessa sostanzialmente due questioni: il varo definitivo del decreto delega sulle “tutele crescenti” e la revisione del mercato del lavoro in entrata.
Il contratto a tutele crescenti – approvato nel Cdm del 24 dicembre scorso – ha l’obiettivo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro, mediante l’utilizzo del contratto principe che è quello a tempo indeterminato.
Mentre sul fronte del riordino dei contratti, le modifiche che potrebbero trovar luce sono molteplici: dall’abolizione graduale dei co.co.pro. (entro il 1° gennaio 2016) alla riduzione della durata massima dei contratti a termine acausali da 36 mesi a 24 mesi, passando per una mini revisione per i contratti d’apprendistato.

Contratti da abolire
– Da quando il premier Renzi ha iniziato a parlare di Jobs act, la riduzione dei canali di assunzione è stato da sempre una delle priorità su cui si è puntato maggiormente. Sulla base di questo principio, il Governo ha ipotizzato l’abolizione graduale – entro il 1° gennaio 2016 – del contratto a progetto.
Stessa sorte sembrerebbe toccare ai contratti in partecipazione, ridimensionato dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012), e il job sharing che da quando è stato introdotto per la prima volta non ha mai fatto registrare numeri interessanti in termini occupazionali.
Dubbi invece sul lavoro a chiamata (job on call) che, da una parte, si vorrebbe eliminare e, dall’altra, mantenere per specifici settori. D’altronde, anche per quest’ultimo contratto la Riforma Fornero ha ristretto l’ambito di utilizzo.

Contratti incentivati – Al contrario, s’intende incentivare il lavoro accessorio mediante un incremento dei limiti economici massimi, che attualmente sono di 5.000 euro nell’anno solare e 2.000 euro per committente imprenditore o professionista. Interventi positivi si dovrebbero registrare anche per il lavoro part-time e somministrato.
Per quanto riguarda il contratto a termine invece, si ipotizza una riduzione dei contratti acausali (senza giustificazione) da 36 mesi a 24 mesi, mentre il numero dei contratti dovrebbe passare da 5 a 3.

Apprendistato – Infine, il Jobs act prevede anche una mini riforma sulle forme di apprendistato che sino ad oggi hanno funzionato meno: quello finalizzato al conseguimento della qualifica e del diploma, cui accedono anche i ragazzi minorenni a rischio di dispersione scolastica, e quello di alta formazione, rivolto agli studenti universitari e post-universitari.
A tal proposito, s’intende ridurre gli adempimenti burocratici al fine di consentire in qualsiasi momento del percorso formativo, di siglare un contratto di apprendistato di primo o terzo livello.
Altre modifiche riguardano: la riduzione dei contributi, mediante l’azzeramento del prelievo anche per le imprese che superano i 9 dipendenti, che oggi pagano l’11,60%; e l’abolizione del vincolo della stabilizzazione, oggi pari al 20% dei rapporti.
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