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Premessa – La Corte di Cassazione “sezione lavoro”, con la sentenza n. 2015 del 13 febbraio 2012, ha espressamente stabilito che, nel contratto di apprendistato, l’attività formativa che è compresa nella causa negoziale è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica e viceversa.
La vicenda – La vicenda riguarda una donna che, addetta alle lavorazioni di decoratrice in un’azienda, sosteneva di essere stata inquadrata, dal 19 novembre 1999, con un contratto di apprendista e successivamente licenziata, il 31 ottobre 2002, per termine del contratto. Secondo la ricorrente, l’impresa aveva dissimulato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e il recesso, di conseguenza, doveva essere ritenuto ingiustificato.
La sentenza – La Corte d’appello di Salerno, però, respinge la richiesta di reintegrazione sul posto di lavoro avanzato da parte della lavoratrice, in quanto l’apprendistato è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l’imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all’apprendista l’insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Pertanto, affinché tale obiettivo possa essere raggiunto è necessario lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro. In questa prospettiva dunque, il giudice di merito deve verificare le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, mentre restano irrilevanti aspetti solo formali come la qualificazione nominale del contratto o l’attestazione dell’avvenuto superamento della prova. Ne consegue, che nel contratto di apprendistato l’attività formativa è modulabile in relazione alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere. Viene, inoltre, stabilito che la formazione deve essere adeguata all’obiettivo del contratto come portata d’ingresso nel mondo del lavoro. Tra l’altro, la formazione può avvenire anche contemporaneamente allo svolgimento delle mansioni e non necessariamente precedere questo.
Conclusioni – Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, è inutile per l’apprendista licenziato alla fine del contratto rivendicare la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sul mero rilievo di aver svolto in azienda vere e proprie mansioni, in quanto il contratto per cui egli è stato assunto prevede effettivamente un misto di teoria e pratica, con insegnamenti da applicare nel concreto.