Premessa – Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con l’interpello n. 3/2014, ha chiarito che ai venditori porta a porta con partita Iva non si applica la presunzione di co.co.co., visto che svolgono un'attività soggetta a una disciplina “speciale”, disciplinata dalla L. n. 173/2005.
Il quesito – Il CNO dei Consulenti di lavoro ha avanzato richiesta di interpello in merito per sapere se i venditori a domicilio titolari di partita Iva siano o meno da ricomprendere nella più ampia categoria delle “altre prestazioni rese in regime di lavoro autonomo” e, come tali, assoggettati alla presunzione di parasubordinazione.
Riforma del Lavoro – A tal proposito, il Ministero del Welfare rammenta che la Riforma Fornero (L. n. 92/2012) ha introdotto tre indici presuntivi che, se non rispettati, producono la conversione del rapporto di lavoro in uno di tipo subordinato (co.co.co.). In particolare, la conversione si avrà se ricorrono almeno due dei seguenti tre presupposti: a) il rapporto con lo stesso committente ha durata superiore a otto mesi per due anni consecutivi; b) il relativo corrispettivo vale più dell'80% dei compensi annui percepiti dal lavoratore nell'arco di due anni solari consecutivi; c) il lavoratore ha una postazione fissa di lavoro presso una sede del committente. Si ricorda altresì che la presunzione non opera se la prestazione è altamente qualificata e svolta da un soggetto con un reddito annuo di lavoro autonomo pari ad almeno 19.415 euro (valore anno 2014).
Il chiarimento – La risposta ministeriale è negativa. Infatti, la vendita diretta a domicilio è un'attività speciale che ha un'autonoma disciplina (la Legge n. 173/2005) che ammette che l'attività possa essere svolta senza vincolo di subordinazione. È chiaro che se da tale attività deriva il conseguimento di un redito annuo non superiore a 5.000 euro, il lavoratore ricade nell’occasionalità. Da notare che l’attività potrà essere esercitata, senza necessità di stipulare un contratto di agenzia, anche in maniera abituale, ancorché non esclusiva, purché dietro incarichi di una o più imprese. In tal caso peraltro l'incarico va provato per iscritto con indicazione di diritti e obblighi previsti dalla stessa legge (commi 3 e 6 dell'art. 4 della Legge n. 173/2005). Pertanto, quando l'attività è svolta nel rispetto di tutte le condizioni di legge da soggetti titolari di partita Iva, essa non è soggetta alla presunzione. Qualora invece l'attività venga svolta in assenza di una o più condizioni previste dalla predetta Legge n. 173/2005 (quindi non si configuri una vera e propria “vendita diretta a domicilio”), la presunzione potrà trovare sicuramente applicazione, a meno che, in presenza degli usuali indici di subordinazione, il rapporto non possa addirittura essere “direttamente” ricondotto a un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
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